Un capannone usato da anni come moschea è stato confiscato e ora è del Comune di Cantù

Il caso La posizione del sindaco Galbiati: «Conseguenza della pronuncia del Consiglio di Stato sull’uso a luogo di culto».Il passaggio di proprietà dall’associazione culturale Assalam al comune è ora realtà.

La confisca del capannone di proprietà dell’associazione culturale Assalam, da anni ormai al centro di un braccio di ferro tra amministrazione e comunità islamica, era stata evocata in piazza Parini cinque anni fa. Oggi, conferma il Comune, è diventata realtà con la presa d’atto, si legge, del «perfezionamento del trasferimento della proprietà al patrimonio del Comune di Cantù dell’immobile sito in via Milano».

Anche una sanzione di 4.000 euro

Non solo, l’associazione dovrà anche pagare una sanzione amministrativa pari a quattromila euro. Da sette anni, ormai, Comune e Assalam si scontrano nelle aule di tribunale, ed è ancora pendente davanti al Tar della Lombardia il ricorso presentato dal sodalizio contro il diniego di permesso di costruire. La cui mancata concessione è alla base di questa acquisizione.

Un brutto colpo per l’associazione, che l’aveva acquistato nel dicembre nel 2016 per una cifra superiore agli 800mila euro, grazie alle donazioni dei tanti che prendono parte alle attività dell’associazione culturale. E che ieri ancora non sapeva nulla di questo atto. Così come Vincenzo Latorraca, legale di Assalam e consigliere di Partito Democratico, Unire Cantù e Cantù con Noi, che dice «non rilascio dichiarazioni in merito a questo provvedimento, di cui non sono informato.

Le parole di Alice Galbiati

«Altro non è – commenta il sindaco Alice Galbiati- che la conseguenza della pronuncia del Consiglio di Stato che ha definitivamente accertato che l’utilizzo a luogo di culto è abusivo, che il Comune ha correttamente applicato l’art. 31 del Testo Unico Dell’Edilizia e che l’associazione non ha ottemperato all’ordine di ripristinare un uso conforme alla legge». Nessuna scelta politica, prosegue, «in questo procedimento si è sempre ed esclusivamente applicato la legge. L’abbiamo sempre detto e il Tar, prima, ed il Consiglio di Stato, poi, lo hanno confermato».

Un iter che aveva preso il via nel 2017, quando, con l’allora sindaco Claudio Bizzozzero, venne negato il permesso di celebrare in quel capannone il Ramadan. Il dirigente del settore Territorio notificò un’ordinanza con la quale si vietava di pregare nell’immobile. Venne quindi notificata – con sindaco Edgardo Arosio e Alice Galbiati assessore all’Urbanistica – la notifica della trascrizione dell’immobile al patrimonio comunale, con la consegna delle chiavi.

Poi congelata. Tali provvedimenti da parte del Comune sono stati oggetto di ricorso per motivi aggiunti al Tar di Milano, che sul punto specifico ha stabilito che «il Comune, una volta accertato il mutamento d’uso in assenza del permesso di costruire, ha correttamente applicato il regime sanzionatorio previsto».

Sessanta giorni per pagare

Tali sentenze, ormai coperte da giudicato, hanno affermato la legittimità dell’operato del Comune intimando all’associazione di cessare l’uso dell’immobile come luogo di culto, preannunciando l’acquisizione al patrimonio e la sanzione amministrativa. Le richieste di permesso di costruire presentate, si legge del documento del settore Territorio, «sono state definitivamente respinte dal Comune di Cantù e pertanto è venuto meno ogni ostacolo al perfezionamento dell’acquisizione coattiva dell’immobile». Entro 60 giorni dalla notifica Assalam dovrà inoltre provvedere al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria di 4mila euro.

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