Coronavirus, medici e tamponi
Così il territorio (non) è attrezzato

Fase 2: siamo in grado di scoprire subito un focolaio? A Como poche le novità attuate per farsi trovare pronti - Soltanto tre le squadre di sanitari per 600mila abitanti

Como

Le unità speciali anti coronavirus, le cosiddette Usca, avrebbero dovuto seguire ciascuna 50mila abitanti, invece sul territorio comasco ne è stata attivata una ogni 200mila residenti. I tamponi? Stanno aumentando ma ancora non bastano. e non c’è chiarezza sui test sierologici, il via libera della Regione tarda ancora.

Ora che possiamo scrupolosamente e con cautela tornare ad uscire di casa occorre chiedersi se saremo o meno capaci di individuare subito un eventuale piccolo di casi, il cosiddetto focolaio, e poi evitare che il virus dilaghi. I segnali, al momento, non sono rassicuranti.

Con i ricoveri in diminuzione uno dei punti chiave è il monitoraggio delle persone con sintomi e per questo isolate a domicilio. Per farlo la Regione ha dato disposizione a fine marzo alle Ats di creare delle equipé di medici chiamate Usca, attrezzate per entrare nelle case dei possibili casi positivi. Ad oggi nel Comasco c’è una Usca in città, una a Erba e una in attivazione a Fino Mornasco. Niente a Menaggio e nemmeno come ipotizzato nel Marianese. Ats ha fatto sapere che l’unità di Fino Mornasco «andrà a rafforzare l’attività sul territorio, come supporto importante per i medici di base, che possono chiederne l’attivazione. Serve per la gestione domiciliare del paziente, in particolare con sintomi da covid, attraverso un costante monitoraggio telefonico e, qualora ritenuto opportuno, con visite al domicilio. A breve partirà anche il telemonitoraggio. Le nostre squadre saranno dotate di opportuni strumenti tecnologici che consentiranno di verificare a distanza ed in tempo reale i parametri clinici».

Le indicazioni date dal governo fin da marzo però dicono altro: «Al fine di consentire al medico di garantire l’attività assistenziale ordinaria le regioni istituiscono, entro dieci giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, presso una sede di continuità assistenziale già esistente una unità speciale ogni 50mila abitanti per la gestione domiciliare dei pazienti Covid che non necessitano di ricovero ospedaliero». Tre Usca per i quasi 600mila comaschi significa un bacino di 200mila abitanti ciascuna, non 50mila come prevedeva Roma.

E cosa succede se scoppia un focolaio? «Per ora noi medici siamo tenuti a fare la segnalazione dei casi attraverso un portale informatico regionale – spiega Giuseppe Enrico Rivolta, medico nel direttivo dell’Ordine – che stanno potenziando. Poi l’intervento di Usca, il tampone o il ricovero dipendono dallo stato clinico».

«Il nostro lavoro non è cambiato – dice Marco Fini, medico di famiglia in città – Scoperti i sintomatici o i positivi, facciamo scattare la quarantena cercando di isolare i pazienti al meglio. Per due settimane o anche più. Ora c’è perlomeno un deciso aumento dei tamponi sul territorio». Al momento per il tampone l’Ats invia il paziente forse guarito in via Castelnuovo, il entra in auto e il test viene effettuato direttamente dal finestrino, senza scendere. I medici però fanno notare che, in assenza di sintomi, al momento non vengono sottoposti a tampone i parenti che hanno condiviso la quarantena con la persona contagiata.

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