Il Casinò non c’è più
da 2 anni: restano
debiti e problemi

Campione d’Italia: triste anniversario per l’enclave italiana: nel luglio del 2018 il fallimento della casa da gioco. Il commissario prefettizio: «Non riusciamo a fare un bilancio»

Questo non è un lunedì come tutti gli altri. Sono passati esattamente due anni dalla chiusura per fallimento del Casinò di Campione d’Italia. E quella che era la ricca e privilegiata enclave italiana in Svizzera è ora un Comune pieno di debiti e con tanti servizi essenziali a rischio. Dopo aver perso circa 500 posti di lavoro alla casa da gioco, aver messo alla porta una 90 di dipendenti dell’affollatissimo municipio, all’avamposto comasco non resta molto in termini occupazionali ed economici, pur con i netti benefici fiscali riconosciuti dal governo.

La dogana

«Grandi novità all’orizzonte non ce ne sono – allarga le braccia Giorgio Zanzi, il commissario prefettizio varesino dall’autunno del 2018 alla guida del Comune senza più un sindaco e un’amministrazione – A Campione d’Italia continuiamo a soffrire di tre mali fondamentali. Il primo è la riapertura del Casinò, con tempi e modi ancora da decifrare, individuare e solo poi da percorrere. Il secondo è la difficoltà a far quadrare i conti, basti dire che non è ancora stato possibile redigere un bilancio da quando il Comune è stato commissariato per i gravi debiti pregressi. Infine il terzo male che è esploso all’inizio dell’anno sono gli effetti del cambio del regolamento doganale con la barriera posizionata all’ingresso del paese che crea diversi problemi mai davvero risolti».

L’attuale governo, in particolare il Pd più che gli scettici 5 Stelle, si è speso più volte pubblicamente per cercare rilanciare la casa da gioco. Dopo 24 mesi però credere agli annunci inizia a diventare complicato. «Non è vero – ribatte Zanzi – anche il precedente governo con il sottosegretario Massimo Garavaglia in particolare aveva intavolato una seria discussione. Così come l’attuale esecutivo, con il sottosegretario Pier Paolo Baretta. La volontà di riaprire la casa da gioco c’è. Solo che tra il dire e il fare resta una grande distanza».

Il commissario speciale inviato a Campione dal Viminale Maurizio Bruschi suggeriva l’apertura alla partecipazione privata del Casinò, ma passi avanti non ne sono stati fatti. Quanto alle difficoltà di bilancio qualche miglioramento c’è stato in due anni. Passando da 102 dipendenti comunali a soli 15, i 10mila euro circa di stipendio mensile non gravano più sulle casse comunali.

I milioni da far rientrare

Molti “pagherò” firmati con enti e aziende svizzere sono stati saldati grazie alle liquidità governative. Restano però 20 milioni di anticipazioni di tesoreria da far rientrare, 16 mesi tra il 2018 e il 2019 di buste paga non versate agli ormai ex funzionari, 6,5 milioni di mutuo all’anno ancora aperto per la costruzione del colossale Casinò, oltre alla recente richiesta da parte della Regione di 87 milioni di euro per le spese sanitarie pregresse effettuate in Svizzera dai campionesi sulle quali pende un ricorso in tribunale.

Una montagna di soldi. Non è bastato tagliare il tagliabile, dall’asilo, alla polizia, all’agenzia turistica per risollevare le sorti del passivo di Campione d’Italia. E’ servito a poco vendere qualche lascito, qualche casa di proprietà pubblica. Dopo due anni la crisi dell’enclave è ancora profonda.

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