La lettera del medico
paralizzato dal virus
«Sono “nonno Covid”»

Cernobbio: il dottor Moltrasio racconta l’esperienza della malattia che gli ha fatto perdere l’uso delle gambe. «Così mi ha definito mia nipote Martina, di cinque anni»

«Nonno Covid. Così mi ha soprannominato Martina, mia nipote di cinque anni, che osservando attentamente mia moglie che mi aiutava a vestirmi ad un certo punto ha detto: Ma tu, non camminerai per sempre?».

Gabriele Moltrasio, stimato medico di famiglia che per anni si è preso cura di generazioni di cernobbiesi, racconta in una lunga lettera le conseguenze del Covid-19 sulla sua vita.

Il racconto

«La dura realtà del presente che ormai vivo da mesi mi si presentava attraverso le parole di una bambina – racconta - Nel lungo periodo trascorso negli ospedali di Monza e Niguarda a Milano ebbi modo di riflettere sulle parole di san Giovanni Paolo II con le quali il 22 ottobre 1978 iniziava il suo ministero “Non abbiate paura! Aprite, anzi spalancate le porte a Cristo!”».

Attento e premuroso sul lavoro, così come nella vita privata, il medico, nel ripercorrere i difficili momenti di questo ultimo anno nella sua testimonianza inviata alla Comunità Pastorale Vergine del Bisbino, sottolinea l’importanza della fede nella sua vita, nella sua lotta al nemico invisibile che ha colpito molti altri colleghi da mesi in prima linea.

La malattia

«Cristo aveva bussato nella mia vita in modo imprevisto ed imprevedibile il 14 marzo con l’infezione da Covid – spiega - e poi il precipitarsi della situazione, la rianimazione e l’esito finale: la paraplegia flaccida, l’incapacità totale dei movimenti delle gambe».

Un uomo forte che non ha timore di condividere le sensazioni di sconforto di questi mesi.

«Ho avuto ed ho paura - prosegue Moltrasio - . Una dipendenza nella quotidianità, anche nei gesti apparentemente più semplici ed automatici, a cui non avevo mai pensato e che non avevo mai sperimentato, la fatica nel processo della rieducazione, lo scoraggiamento che a volte sembra vincere quando pensi che dal punto di vista medico la tua situazione è permanente, in semplici parole una vita da riscrivere».

La solidarietà

Il dottor Moltrasio aggiunge che in questa sua «piccola via crucis» ha trovato molti cirenei.

Tante persone gli hanno scritto messaggi di vicinanza, di fede, di preghiera. Ricorda un libro regalatogli durante la degenza sull’ultima guarigione di Lourdes, citando la miracolata suor Bernardette Moriau: «Anche se in realtà non mi restavano che le lacrime per pregare…»

«Si, è vero credetemi – aggiunge - le lacrime possono diventare preghiera. Non bisogna nasconderle, non sono mai vane».

Moltrasio ricorda la giornata di sabato 10 ottobre a Villa Erba dove si è celebrata la prima comunione e cresima dei bambini della Comunità Pastorale con l’intervento del cardinale Angelo Bagnasco.

«Prima dell’inizio della celebrazione il cardinale, accompagnato da don Stefano Arcara, è venuto a salutarmi e benedirmi – conclude - e tra le altre cose mi ha detto: “Tutto sarà scritto nel libro della vita”. Nel raccontare questo episodio ad un amico egli ha aggiunto: “beh, avrebbe potuto (il Padre eterno ndr) saltare qualche capitolo…”».

E conclude: «Il Mistero sempre più Mistero, ma il Mistero che ti si fa incontro attraverso le circostanze della vita. Mia moglie aveva scritto sulla lavagna in cucina in attesa del mio ritorno: “Bentornato, si ricomincia da Uno”».

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