L’ultimo giocattolaio: «Eravamo la più grande fabbrica in Italia»

Villa Guardia Lucio Invernizzi e i cinquant’anni di storia della Didatto: «Negli anni Sessanta eravamo i più grandi, poi il declino. Ma fummo gli ultimi a chiudere»

L’ultimo giocattolaio guarda il mondo pensando a quanto il contatto fisico che i giochi di legno come Shangai, Tangram o gli scacchi rendevano indispensabile, oggi si volatilizzi e faccia scomparire tutto, dissolto in un simulacro elettronico.

«Il pensiero mi fa tremare i polsi – racconta Lucio Invernizzi, classe 1944 - Quella che la mia famiglia prese negli anni Sessanta, prima della guerra era la più grande fabbrica di giocattoli in legno in Italia».

La storia di Invernizzi, classe 1944, ormai nonno, è quella di un passaggio d’epoca. La sua fabbrica di giochi Didatto ha chiuso dieci anni fa, era il 2014, e oggi il marchio è quello di un’azienda di impianti di riscaldamento.Ma per cinquant’anni, dal 1964 al 2014, la Didatto ha prodotto scacchiere, scacchi in legno tornito e ha distribuito migliaia di giochi in scatola, didattici e non, che hanno scritto la storia del giocattolo.

Quasi per caso

Non è una storia mielosa quella dell’ultimo giocattolaio, bensì la storia di come si affronta la realtà in divenire, spesso dura e senza edulcoranti. Panta rei, tutto scorre: «Quello di fare giocattoli non era il mio lavoro, ma il senso del dovere mi ha fatto agire - racconta – Da Milano la mia famiglia si trasferì a Fino mentre studiavo, io sono perito industriale in elettronica e poi ho studiato economia e commercio». Lucio arriva dopo che i fratelli Vittorio e Decio acquisirono l’azienda di giocattoli da un imprenditore di Fino di 85 anni: «Fu un’idea stravagante, provare a rinnovare quell’azienda che allora aveva sede in piazza della stazione – dice – Decio, scomparso qualche anno fa, era neo laureato, Vittorio, il maggiore, lavorava in una ditta metalmeccanica. Io subentrai a Vittorio senza avere esperienza nel mondo del giocattolo. Ci vollero una decina d’anni per farsi conoscere sul mercato, ma poi fummo l’ultima fabbrica di giocattoli di legno italiana a chiudere»

Una storia tra i successi degli anni ’70 e ’80 che è stata scritta intrecciandosi con gli eventi storici del tempo: «La famosa partita a scacchi del 1972 tra lo statunitense Bobby Fischer e il sovietico Boris Spasskij non fu solo un momento importante nel corso della Guerra Fredda, ma alzò l’onda degli scacchi, che cavalcammo – ricorda Lucio Invernizzi – Noi facevamo la tornitura degli scacchi, un lavoro specialistico, gli americani si erano comperati tutta la produzione europea. Nelle fiere di settore, a Milano, al nostro stand c’era la coda».

Educativi

Non solo scacchi, scacchiere, ma anche giochi intelligenti, precorrendo i tempi del successo che poi ebbero quelli ispirati al metodo Montessori («Le mani sono gli strumenti propri dell’intelligenza dell’uomo», diceva la pedagogista) e giochi come biliardo da casa, slot machines (ne arrivavano container pieni) e valigette con roulette e fiches con la stampigliatura dei gettoni fatta da loro.

L’ultimo catalogo risale al 2009, poi piano piano il declino «non traumatico, ma faticoso», come lo definisce Invernizzi. Malgrado tutto, oggi Lucio gioca ancora o, meglio, fa scoprire i giochi ai bambini e alle famiglie che frequentano l’agriturismo La Pioppa di Villa Guardia. «E’ bello vedere che si appassionano al Tangram, gioco che con solo sette pezzi ti fa risolvere problemi in modo creativo – confida Lucio – ed è bellissimo vedere che abbandonano il cellulare per giocare».

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