Profughi ucraini a Como, un anno dopo: «Accolte 130 persone e 44 sono ancora qui»

Caritas Eccezionale la risposta:in dodici mesi sono state raccolte offerte per oltre 600 mila euro

Un anno fa, in questo periodo, arrivavano in città i primi profughi dall’Ucraina, appena pochi giorni dopo lo scoppio del conflitto. Fino a oggi, sono 130 le persone – accolte tra il capoluogo e i comuni limitrofi – che hanno potuto contare sul prezioso appoggio della Caritas diocesana di Como: ora è tempo per fare un bilancio, ripensando alle forme di assistenza attivate sin dall’inizio.

Che si sia trattato di offrire ai profughi un tetto o di contribuire alle necessità dell’emergenza nell’est dell’Europa grazie all’intermediazione della locale Caritas, straordinaria è stata la risposta del territorio. A iniziare proprio dal punto di vista economico.

In dodici mesi, infatti, si è superato abbondantemente il mezzo milione di euro di offerte. Per l’esattezza, ammonta a 625mila euro il contributo che la Caritas diocesana ha ricevuto da associazioni, privati e parrocchie della Diocesi, soldi che sono stati inviati in Ucraina e nei Paesi di confine, ma che sono serviti anche a soddisfare le richieste sorte nel frattempo qui, a livello locale.

A fare la differenza, comunque, è soprattutto la rete di accoglienza sorta in breve tempo. Nel bilancio per l’ultimo numero di “Caritas informa”, l’operatrice Ilaria De Battisti, coordinatrice dell’inserimento dei profughi ucraini, spiega che «ci siamo subito attivati organizzando l’accoglienza temporanea in alcuni locali di Casa Nazareth», ossia la struttura in via don Guanella che il cardinale Oscar Cantoni definisce, non a caso, “polo di carità al servizio della città”.

Da lì poi è iniziata «l’ospitalità delle singole parrocchie e di famiglie private», coordinata dalla Caritas. Un aiuto significativo, che garantisce tuttora una casa a Como a 44 persone, per la maggior parte donne, e a una ventina di minori. «Da marzo a oggi – aggiunge De Battisti – sono stati ospitati complessivamente più di 130 profughi tra Casa Nazareth e altre realtà, tra cui Casa Nazareth, diverse comunità parrocchiali, un istituto religioso, un’associazione e una fondazione: una grande disponibilità e sensibilità di cui siamo grati».

Da una fase iniziale di «emergenza acuta», gradualmente «si è passati a una redistribuzione sul territorio più organizzata, anche grazie all’intervento del Comune, della Prefettura, di Regione Lombardia e della Protezione civile». La Caritas ha sempre garantito assistenza organizzativa (dalle pratiche per i documenti all’inserimento scolastico, passando per l’occupazione lavorativa degli adulti), potendo contare sulla disponibilità di molte persone.

Significativi sono, in questo senso, i racconti pubblicati sul sito caritascomo.it: dalla prima famiglia ucraina accolta a Maslianico lo scorso settembre, fino all’ospitalità a Lipomo l’estate scorsa di mamma, papà e due bambini che, dopo parecchi mesi, finalmente hanno potuto sperimentare nuovamente la bellezza di una casa, per fare qualche esempio.

In un contesto non certo felice, tante, dunque, sono le belle storie di accoglienza in provincia. Per questo De Battisti sottolinea «il ruolo importantissimo, che si è consolidato nel tempo, di parrocchie e istituti religiosi: hanno dato disponibilità con immobili, ma soprattutto hanno mobilitato parecchi volontari».

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