Il prof in attesa della chiamata: «Ho tanta voglia di tornare in aula»

Docenti Laureato da poco, quattro mesi di insegnamento e poi più nulla: «Non sono nelle liste dei supplenti, chi è come me è più precario dei precari»

In costante attesa della chiamata, quella che cambia la prospettiva di un intero anno di lavoro: si vive così in Italia a nemmeno dodici mesi dalla laurea, se di professione si vuole insegnare. Andrea Frigerio, 25 anni, vive a Cantù e si è laureato a pieni voti in Storia a Milano lo scorso febbraio. Ora come molti aspiranti professori, anche lui, attende che il telefono squilli per avvisarlo di una cattedra scoperta.

«Sono stato molto fortunato perché poco dopo la laurea c’era bisogno di un supplente al Caio Plinio e ho detto subito di sì: l’esperienza di quattro mesi di insegnamento mi ha dato tanto e mi ha confermato che questo è il mestiere che voglio fare». E ora che la supplenza è finita? «Aspetto una chiamata - spiega Andrea - ho mandato Mad (ndr. le messe a disposizione degli aspiranti docenti che si rendono disponibili a rivestire il ruolo di supplenti in vari istituti della provincia di residenza) in diverse scuole, ma per ora nessuno mi ha ancora chiamato». Anche perché Andrea non è nemmeno parte delle Gps, un’altra sigla molto nota a chi orbita nell’universo scuola, ovvero la lista delle graduatorie provinciali per le supplenze, nella quale potrà inserirsi al prossimo aggiornamento, nella primavera del 2024.

Le Mad inviate, poi l’attesa

«E già sono fortunato perché le Gps si aggiornano ogni due anni, quindi di fatto io tra la laurea e l’aggiornamento del 2024 aspetterò solo un anno». Del concorso non parla neppure, per quello bisognerà aspettare ancora di più e non c’è certezza che passarlo equivalga a ottenere un posto sicuro a scuola: «Nell’ultimo concorso ho visto che, su tutte le persone che si erano presentate per la mia classe di concorso, storia e filosofia, qui in Lombardia avevano passato l’esame circa in 120, ma i posti erano solo una ventina». Quindi la sfida, mentre si attende che il telefono squilli annunciando l’attesissima richiesta di supplenza, è anche provare ad aprirsi nuove possibilità. Andrea, per esempio, ha deciso di investire il tempo lasciato vuoto dall’assenza di chiamate a scuola con lo studio per il conseguimento dei crediti di cui ha bisogno per insegnare anche italiano.

Studiare d’altra parte gli è sempre piaciuto, ma ora che ha assaggiato il sapore dell’insegnamento, quel posto al di là della cattedra gli manca: «Durante i miei primi quattro mesi di insegnamento ho imparato a rapportarmi coi ragazzi, quelle relazioni che si sviluppano in classe sono la cosa che mi mancherà di più quest’anno, se non riceverò chiamate. E vale anche per il rapporto con i colleghi. Mi mancherà fare la mia parte per il Paese, come mi sentivo invece di fare lavorando a scuola».

Il desiderio di tornare a insegnare

L’attesa sfiancante della fatidica chiamata è più instabile di quello che comunemente definiamo precariato, secondo Andrea: « Chi come me vive questa esperienza, si trova in una condizione in cui la possibilità di lavorare a scuola sembra remota». Mentre Andrea racconta il suo stato d’animo, mancano solo tre giorni all’inizio della scuola: «Ora di settembre speravo di avere in mano qualche opportunità - confessa - e invece niente. Ho proprio voglia di insegnare e mi sembra strano che a breve riapriranno le porte delle scuole e io non ci sarò».

Intanto si valutano le alternative, lo studio per entrare anche in un’altra classe di concorso, appunto, ma anche la ricerca di qualche altra opportunità in ambito educativo.

«Se però la chiamata dovesse davvero arrivare io direi sempre di sì. Nell’attesa farò altro, ma la scuola è la mia passione».

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