«Carburanti, autisti e code: le strade sono un inferno»

Intervista La problematica situazione del trasporto transfrontaliero vista da Paolo Cardani, ad dell’azienda Zürcher : «Tra Chiasso e Como abbiamo una rete degli anni Cinquanta. Ogni giorno perdiamo quattro ore di tempo»

Lavori sulle strade che le trasformano in gironi infernali di code interminabili, costo del carburante schizzato alle stelle, autisti che mancano, anche per colpa della guerra in Ucraina, automezzi nuovi fermi nelle concessionarie perché non vengono prodotti i componenti per farli viaggiare, nuovi programmi doganali entrati in vigore dal 9 giugno scorso che creano disagi: questo è il panorama del trasporto transfrontaliero.

Paolo Cardani, amministratore delegato dell’azienda di trasporti Zürcher con sede a Chiasso da 160 anni e a Grandate dove lavora con 10 dipendenti e membro di O.D.A. (Operatori Doganali Associati, in seno alla Cna, presieduti da Luigi Simeone, ex direttore della dogana di Ponte Chiasso e Brogeda Autostrada) dipinge un quadro complesso per chi si occupa di fare viaggiare le merci da un confine all’altro.

Dottor Cardani, momento difficile per chi si occupa di trasporti tra Svizzera e Italia con la Svizzera che marcia verso la meta del trasporto merci su rotaia da raggiungere tra una decina d’anni?

Per quanto riguarda il trasporto via ferrovia, la Germania e l’Italia sono indietro di almeno 20 anni rispetto alla Svizzera; l’aumento delle quote via ferrovia la Svizzera l’ha deciso 30 anni fa.

Qui in Svizzera il 60% viaggia via ferrovia in Italia l’11%, ma in Italia il problema è dei nodi di scambio più che delle linee ferroviarie. In Germania sono messi forse peggio di noi perché hanno molti vincoli paesaggistici e i verdi che bloccano spesso i lavori. E poi, la Svizzera finanzia oltre il 40% di accordi pubblici e privati per progetti di raccordi e piattaforme di interscambio che ha realizzato. In Italia su questo tema non si fa molto, non ci sono incentivi, il problema grosso è questo; se io a Como voglio spedire via ferrovia devo andare a Busto o a Milano.

Detto questo, sulle strade la situazione è migliore?

Ha presente l’autostrada A9? Sono tre anni che stanno sistemando le gallerie tra Chiasso e Como e abbiamo una rete stradale degli anni ’50. Se ci fosse stata lungimiranza i lavori sarebbero stati spalmati in 12 anni e non in due anni perché se no crolla tutto. Oggi per andare da Como a Chiasso i nostri autisti stanno in colonna quattro ore al giorno: due all’andata e due al ritorno. Dopo il crollo del ponte Morandi a Genova si sta correndo ai ripari con lavori di manutenzione che vadano oltre l’imbiancatura; qualcuno si è svegliato, ma questo ritardo obbliga il gestore a bloccare la viabilità per fare interventi strutturali abbastanza importanti. Se tali interventi fossero stati spalmati non saremmo ora in questa situazione con code inaccettabili.

Senza contare che Milano è tornata alla situazione pre-covid con le file in tangenziale.

Anche sulla Genova tutti i viadotti sono in manutenzione, qui poi c’è il terzo valico e la Genova-Rotterdam: la parte svizzera è pronta e hanno lavorato molto, sul versante italiano meno; l’Italia è fanalino di coda, ma la Germania è messa peggio.

A questo si aggiunge il costo del carburante che usiamo per… stare in coda.

Quanto incide sul costo del trasporto l’aumento del prezzo del carburante?

Siamo a livelli insostenibili e non è un problema solo nostro. Non so come faremo ad andare avanti, le fonderie che usano gas e corrente elettrica non riescono più a produrre materie prime con i costi così alti dell’energia e del carburante. Chissà cosa succederà quest’inverno.

Il carburante per noi incide al 30-35%, un terzo dei costi dei trasporti è per il carburante; il minimo aumento che dovremmo avere sulle tariffe dei trasporti è del 10%, ma in alcuni traffici si riesce a prendere solo il 5% e non copriamo nemmeno i maggiori costi.

La manodopera? E’ sufficiente o è un’altra spina nel fianco?

Mancano molti autisti. Gli ucraini erano una forza importante, ma con la guerra alcuni devono andare a combattere, altri devono accudire le famiglie: c’è una grande mancanza di personale e, in più, c’è stata una forte emigrazione di autisti svizzeri negli Stati Uniti. Emigrano per guadagnare di più. In America, un autista prende dai 18mila fino ai 20mila dollari, a Zurigo 5/6 mila franchi e a Chiasso un minimo di 4,5 o 5mila franchi da contratto normale di lavoro al lordo delle trattenute svizzere che sono al massimo il 25%, quindi nessuno prende meno 3.500 franchi netti. Se poi fa più chilometri arriva a 4mila mentre in Italia a 2mila euro circa.

Gli svizzeri si trasferiscono a frotte negli Usa e così qui non si trova più personale; gli italiani sono introvabili, non sono tanti quelli che vogliono lavorare sui camion, e un aiuto arriva dai rumeni.

Guidare i camion non è attrattivo perché molto usurante?

Sì, sulla lunga distanza una persona vive sul camion 5 giorni la settimana, ucraini e rumeni passavano anche mesi in camion, ma ora l’Unione Europea obbliga a fare pause. I disagi in questo lavoro sono sicuri. Si parte alle 5 di mattina e si guida 9 ore al giorno con le pause e la situazione sulle strade è terribile, devi avere mille occhi: io ho paura non dei mezzi pesanti, ma di quelli leggeri. La strada è diventata una giungla.

Inoltre mancano anche i veicoli nuovi. Ce ne sono tantissimi fermi alla produzione perché mancano componenti.

Da giugno fate i conti anche con i nuovi programmi doganali, come va?

Dal 9 giugno sono stati introdotti nuovi programmi doganali che hanno rallentato i flussi di lavoro e l’Italia è stata la prima a introdurli facendo i conti con qualche disagio. I nuovi programmi chiedono una uniformità di gestione doganale per trasmettere in tutta Europa le stesse informazioni sul passaggio delle merci.

L’Italia è la prima ad aver introdotto questi software e siamo il numero uno a livello doganale e tributario. Certe novità o alcune posizioni europee in materia sono recepite e ricoperte dagli italiani, perché gli italiani sono tutti informatizzati. In Germania e in Svizzera si lavora ancora sulla carta, non sono informatizzati come gli italiani e in Svizzera siamo indietro di 20 anni. L’Italia con la Spagna e altri Paesi è più avanti e quindi queste novità vengono introdotte prima in Italia, più evoluta a livello di pratiche doganali. A Bruxelles siamo portati in palmo di mano perché siamo capaci di introdurre le novità.

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