I “ristorni” dei lavoratori frontalieri: c’è un accordo da firmare

Tasse Varati nel 1974 per rimborsare ai Comuni di residenza una quota dell’imposta pagata dai lavoratori oltre confine. Mezzo secolo di trattative, blocchi, proposte di revisione. Ma adesso siamo arrivati alla resa dei conti finale

Compiono quasi 50 anni, ma sono stati decisamente travagliati. Nel segno di discussioni, tira e molla, di svolte con il nuovo accordo e poi ancora limbo e minacce di sospenderli. Un tema chiave dei rapporti transfrontalieri, ovvero i cosiddetti ristorni. Vediamo perché e soprattutto come si è svolto il loro cammino a partire dal 1974.In realtà la necessità di mettere mano ai rapporti tra Ticino e Italia su questo fronte si sente prima, visto il crescente movimento di frontalieri. Nel 1971 nasce la Conferenza permanente dei comuni italo-ticinesi: in quel periodo, affiora l’idea di rimborsare ai Comuni di residenza una quota della imposta alla fonte cui la Svizzera sottopone i lavoratori frontalieri italiani, per far sì che gli stessi possano far fronte al sempre crescente bisogno di infrastrutture.

L’accordo sui frontalieri viene però approvato dall’Assemblea federale il 24 ottobre 1978 con ingresso in vigore nell’anno successivo. Che cosa viene certificato? Il Cantone Ticino, con Grigioni e Vallese, deve versare i ristorni entro il 30 giugno di ogni anno all’Italia sulle imposte (federali, cantonali e comunali) prelevate nel corso dell’anno precedente . È il cosiddetto articolo 2 sui frontalieri. Si calcola che dal 1974 ad oggi il Ticino abbia superato il miliardo e mezzo di franchi.

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