Caso Riella, a lungo latitante e ora detenuto. Sua figlia è in attesa di incontrarlo: «Non lo vedo da tanto tempo»

GravedonaIl fuggiasco di Brenzio è stato trasferito al carcere di San Vittore. I parenti vorrebbero incontrarlo. La figlia Silvia: «Ora, almeno, sappiamo dov’è»

La latitanza era durata quattro mesi, il rientro in Italia dopo la cattura è avvenuto addirittura a distanza di cinque mesi.

Massimo Riella, il fuggiasco di Brenzio, da giovedì è di nuovo in Italia. Era stato arrestato nei pressi di Podgorica, in Montenegro, il 16 luglio scorso, dove gli inquirenti l’avevano individuato in seguito a intercettazioni telefoniche.

Ieri sia i parenti, sia il suo legale, Roberta Minotti, sapevano appena dell’estradizione avvenuta.

La destinazione

«Mio papà è a Roma – sono parole della figlia, Silvia – . Non sappiamo nulla di più, ma attendiamo nuove informazioni per andare a trovarlo, si spera non lontano». Silvia Riella, che nonostante la giovane età è già titolare di un’azienda agricola, non ha mai cercato di dipingere il padre in maniera diversa da com’è, ma ha comunque dei buoni motivi per volergli bene: «Non lo vedo da tanto tempo – aggiunge – e ho voglia di incontrarlo. Ora, almeno, so dov’è».

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Anche l’avvocato Minotti non sapeva di più: «Mi ha avvisato la polizia dell’aeroporto di Fiumicino del suo arrivo – riferiva ieri – . Mi hanno detto che l’avrebbero portato nel carcere di Rebibbia per poi essere trasferito altrove. Lo sentirò nei prossimi giorni e poi penso anche di incontrarlo».

La destinazione penitenziaria decisa per Riella è San Vittore, il carcere di Milano, dove nel frattempo è stato già trasferito.

Una scelta comprensibile, per evitare uno scomodo rapporto tra il detenuto e gli agenti del carcere di Como, dove il “Petit”, come viene chiamato Riella in Alto Lario, era rimasto fino al 12 marzo scorso, giorno della clamorosa e rocambolesca evasione.

Quel mattino era stato accompagnato da cinque agenti penitenziari al cimitero di Brenzio, dove aveva ottenuto di poter far visita alla tomba della madre, scomparsa due mesi prima; sferrata una gomitata ad uno degli accompagnatori, si era dileguato nei suoi boschi.

La fuga

Dopo l’evasione era rimasto per alcuni mesi sui monti e in un’occasione aveva accettato di incontrare nel bosco uno degli agenti a cui era sfuggito, con un epilogo controverso e inquietante: secondo la versione del padre, Domenico, presente alla scena, l’agente avrebbe sparato più colpi contro Riella intento ad andarsene e allo stesso avvocato Minotti, che aveva poi incontrato il suo cliente, non era sfuggita una cicatrice compatibile con una ferita da arma da fuoco che aveva su una spalla.

In piena estate, come detto, il “Petit” era stato localizzato in Montenegro, dove a quanto pare attendeva di entrare in possesso di un passaporto falso per emigrare in un altro continente. La Procura generale presso la Corte d’Appello di Milano aveva subito inoltrato richiesta di estradizione, ma la procedura è stata lunga e solo nelle scorse settimane le autorità montenegrine hanno dato il via libera.

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