Da Mezzegra all’Everest: Claudia realizza un sogno e raggiunge il campo base

Tremezzina L’esperienza in Nepal con Paolo Iunco di Alzate: «Emozione indescrivibile arrivare a certe quote»

Da Mezzegra ai 5364 metri del Campo Base dell’Everest.

Un sogno che si è realizzato per Claudia Pratticò, che insieme a Paolo Iunco (di Alzate Brianza) ha raggiunto una delle mete più desiderate dell’intero pianeta. «Un sogno cullato a lungo e che ora si è realizzato. Arrivare a toccare certe altezze davvero è un qualcosa di indescrivibile», conferma al nostro giornale.

«In tutto eravamo sei persone, oltre alla guida nepalese Khris e ad un “portatore” per coppia (quelli che un tempo era conosciuti come sherpa, ndr) - ci racconta - Non sapevo se scegliere il Pakistan con il campo base del Nanga Parbat oppure puntare il Nepal e il campo base dell’Everest. Alla fine la scelta è caduta su questa seconda affascinante sfida». Poi il racconto dell’ascesa, per cui sicuramente servono preparazione e concentrazione, oltre ad un grande spirito di adattamento, viste le condizioni meteo e ambientali davvero al limite. Ascesa che in totale è durata 10-11 giorni e che ha preso le mosse da un paesino a 2860 metri di nome Luckla, passaggio obbligato per chi vuole visitare questa parte dell’Himalaya, e raggiungibile attraverso un minuscolo aereo.

Poi spazio alle emozioni provate una volta raggiunto il campo base. «Emozioni difficile da descrivere, anche se dal punto di vista fisico è stata un’esperienza molto impegnativa - racconta Claudia Pratticò - Bisogna fare i conti con le conseguenze dell’altitudine. Come il forte mal di testa che non mi ha mai abbandonato. Altri che erano con noi avevano la nausea. L’area rarefatta ha rallentato inevitabilmente i nostri passi. Detto questo, una volta al campo base, ho provato una sensazione persino difficile da descrivere, di essere riuscita a sfidare i miei limiti. “Ce l’ho fatta”, ho esclamato una volta individuata la scritta campo base. Di sicuro non è stata la classica vacanza. Sul posto ho trovato persone straordinarie, a cominciare da chi ci ha accompagnato in questa ascesa. I portatori salivano con addosso 70-80 chili di carico». L’ultimo step - cioè andata e ritorno dal Campo Base - è durato una giornata, poi il rientro graduale, a cominciare dalla prima notte post ascesa trascorsa nel primo villaggio a meno 25 gradi. Nonostante l’equipaggiamento, il freddo si è fatto sentire.

«Alla fine però ha prevalso l’emozione per questi giorni che porterò nel cuore - la chiosa di Claudia - L’ascesa al Campo Base dell’Everest non è per tutti, ma a chi vuole provare nuove sfide, questa è una per cui vale la pena osare. Vedendo lo spirito di adattamento della gente del posto e il garbo con cui siamo stati accolti, si dimenticano le abitudini quotidiane del nostro vivere comune».

Dietro l’angolo è già pronta la prossima sfida ovvero raggiungere la Capanna Margherita, il rifugio alpino più alto d’Europa a quota 4550 metri nel gruppo del Monte Rosa.

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