Prima la cocaina, poi la violenza: condanna annullata in Cassazione

Gravedona Processato con sentenza di cinque anni e otto mesi, ora la drammatica vicenda torna in Corte d’Appello

Arrivava da condanne severe. La prima, in Tribunale a Como con il rito abbreviato, a sette anni di pena.

La seconda in Appello solo un poco ridotta, a 5 anni e 8 mesi. L’accusa era (ed è) pesantissima: violenza sessuale ai danni di una giovane dopo averle fatto assumere della cocaina e in precedenza della vodka. Tutto, però, torna ora in discussione.

La Corte di Cassazione ha infatti annullato la sentenza – che era stata impugnata dall’avvocato Davide Brambilla – rimandando per il nuovo giudizio ad un’altra sezione della Corte d’Appello.

Una decisione che si è «imposta», così scrivono i giudici romani, alla luce di quanto evidenziato nel ricorso del legale di Onofrio Lo Bianco, 47 anni di Cinisello Balsamo.

Vicenda che avvenne a Gravedona, dove l’imputato aveva una casa vacanza, ai danni di una giovane che all’epoca dei fatti (era il 2 novembre del 2019) aveva 25 anni. Oltre alla decisione della Cassazione di annullare la sentenza, sono le motivazioni scritte a pesare in questa storia in cui l’uomo finito a processo ha sempre negato la ricostruzione dalla procura.

Partiamo però con il dire che l’annullamento della sentenza riguarda solo l’aspetto della presunta violenza sessuale (la ragazza sarebbe stata costretta a subire, con la forza, del sesso orale mentre era incapace di reagire per il cocktail di alcol e droga) e non quello che aveva messo nel mirino la detenzione e la cessione di sostanze stupefacenti.

Sul fronte dell’abuso, invece, la Cassazione sottolinea come «siano fondati i rilievi avanzati dalla difesa» partendo da un assunto: «La penale responsabilità dell’imputato è stata confermata sulla scorta di dichiarazioni rese dalla vittima connotate da criticità e discrasie» che i giudici dei precedenti giudizi hanno ritenuto di «superare con argomentazioni che non resistono alle censure» della difesa.

La ragazza per più volte, nell’immediatezza dei fatti, non aveva fatto cenno ad alcuna violenza sessuale, né davanti ai carabinieri, né ai medici del 118 che intervennero in casa né infine al pronto soccorso, dove addirittura «negò l’eventualità di violenze».

Anche in un secondo momento, quando iniziò a fare riferimento ai rapporti sessuali, non fece cenno a «connotazioni violente». Secondo i giudici precedenti, questo avvenne perché la giovane era stordita da alcol e droga, che poi scemarono con il passare delle ore. Ma questo, secondo la Cassazione, «non sembra adeguatamente spiegare perché la vittima, anche quando le sue condizioni erano migliorate, abbia taciuto» a lungo sulla violenza.

La chiusura è ancora più severa: «La Corte Territoriale non sembra aver tenuto conto del particolare contesto in cui sarebbero avvenute le violenze: un incontro consensuale tra l’uomo e la ragazza, con alcol e cocaina, iniziato due ore prima dell’irruzione nella casa della ragazza del fidanzato di lei» con cui nel pomeriggio c’era stato del risentimento perché lui «aveva disdetto la cena con la fidanzata per incontrarsi con gli amici».

© RIPRODUZIONE RISERVATA