Residenti nei comuni comaschi tra il 1951 e il 2019: ecco cos’è successo. Valli e lago si spopolano, boom in Brianza

Lo studio Rispetto a 70 anni fa crollo dei residenti in alcune zone della provincia: ecco i dati di tutti i Comuni. L’esperta: «Puntare su scuola, trasporti e sanità locali per contrastare la tendenza». E c’è un progetto già avviato

Tra il 1951 e il 2019 il numero dei residenti nei Comuni comaschi è sensibilmente cambiato: una crescita eclatante per alcune zone e una grave perdita di abitanti per altre. La differenza? La posizione geografica e la possibilità di accedere nel Comune di residenza a servizi essenziali. Laddove ciò non sia possibile, in particolare nelle valli e nelle zone dell’alto Lario, ci si sposta più a sud, verso i centri urbani.

Si tratta di una tendenza che la mappatura dei dati relativi alla variazione della popolazione nei Comuni comaschi, ricavati da una recentissima analisi dell’Istat, rende subito evidente. I Comuni contrassegnati nella crtina qui a fianco dalle sfumature tra il bianco e il blu sono quelli dove il numero di residenti diminuisce di anno in anno: più intenso è il blu, maggiore è la perdita di popolazione. Al contrario, il rosso, nei diversi gradi di intensità, contraddistingue quelle aree dove le persone tendono a scegliere di vivere e di trasferirsi. La cartina mostra con chiarezza come il territorio provinciale si trovi così spaccato a metà.

«Non è un fenomeno nuovo e non è nemmeno un fenomeno isolato - spiega l’economista Elena Jachia, direttrice dell’Area Ambiente di Fondazione Cariplo - anzi il tema, che è poi quello dell’inurbazione ovvero della tendenza delle popolazioni a confluire in grandi città, è globale e assolutamente diffuso in tutta Europa».

La Bassa in crescita

Così da un lato si osservano i Comuni della Bassa Comasca crescere vistosamente, superando in certi casi anche un aumento della popolazione del 200% (è così per Cassina Rizzardi e Limido Comasco) oppure Comuni come Lipomo (+752,52%) e Senna Comasco (+518,45%) protagonisti di una vistosa crescita. Intanto però calano a picco gli abitanti dei centri dell’alto Lario (-71,30% per Cavargna, -67,32% per Veleso, -67,53% per Garzeno, -59,24% per Dosso del Liro) con Comuni che non riescono nemmeno a raggiungere i 200 abitanti: sono 195 a Zelbio, 165 a Livo e 160 a Val Rezzo. La tendenza globale dunque è pienamente confermata anche a livello territoriale. Ma ogni tendenza ha una storia e ogni storia permette di contestualizzare fenomeni che hanno profonde influenze sui territori coinvolti e di comprendere come è possibile affrontarne le conseguenze. «In Italia il trend dell’inurbazione inizia negli anni ’50 - continua Jachia -, a causa dell’industrializzazione: ci si spostava lì dove erano maggiori le possibilità di trovare lavoro. Quando l’industrializzazione si ferma, ad attirare nei centri urbani sono i servizi e l’informatizzazione. Ma è proprio la diminuzione dei servizi a determinare un significativo cambio di tendenza: quando all’inizio del 2000 le aree periferiche hanno iniziato a perdere i servizi, dai piccoli ospedali ai punti nascita, poi gli uffici bancari e postali e oggi anche i negozi, le persone hanno iniziato ad andarsene».

L’accesso ai servizi

Il tema dell’accesso ai servizi, che è un elemento fondamentale per misurare il livello di qualità della vita, è il punto dolente da cui prende il via lo spopolamento dei comuni dell’Alto Lario e delle Valli: quando trasporti, scuole e sanità vengono meno, la popolazione si arrende e fugge verso i centri urbani. Le conseguenze di questo spostamento - cementificazione delle aree o edilizia fuori controllo per esempio - sono balzate all’attenzione nazionale intorno al 2012, come spiega Jachia. «Allora venne ideata dal ministro Fabrizio Barca la Snai, ovvero la Strategia nazionale per le aree interne. C’era moltissimo da fare ragionando su tre vettori d’azione principali per rilanciare le aree interne e spopolate: scuola, sanità e trasporti. Ma l’eccessiva burocratizzazione ha fortemente rallentato questi progetti, disattendendo alcune speranze, mentre altre sono state soddisfatte. In questo senso va detto che tra le fortune della Lombardia c’è quella di avere Comunità montane sempre molto coese che hanno permesso di garantire servizi sovracomunali in aree che sarebbero state altrimenti scoperte».

Di qui anche il lancio del bando AttivAree di Fondazione Cariplo, nel 2016, con l’obiettivo di selezionare e finanziare progetti per il ripopolamento di queste aree: «Abbiamo scelto l’Oltrepò pavese e le Valli Sabbia e Trompia, per esempio introducendo un’offerta formativa che fosse competitiva rispetto a quella dei grandi centri urbani». Ma le strategie per la valorizzazione delle aree interne e periferiche riguardano anche i Comuni comaschi: stanno ripartendo proprio in questo periodo i progetti come “Aree interne Lario Intelvese e Valli Lario Ceresio 21-27”. Anche in questi territori si lavorerà sui tre vettori che erano già stati individuati in passato: i trasporti, la scuola e la sanità. L’elaborazione della strategia vedrà coinvolti, insieme alla Regione Lombardia, il Politecnico di Milano, che metterà a disposizione professionalità tecnico-scientifiche, e Anci Lombardia per aiutare gli enti locali a concretizzare gli interventi progettati.

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