Coronavirus, i dati Istat sui decessi
Nel mese di marzo un aumento del 56%

Un’indagine Istat eseguita su 22 Comuni della nostra provincia - Ma sul risultato incide anche la presenza delle case di riposo

Sessantaquattro persone morte in più, pari a un incremento del 56%, in un campione di 22 comuni comaschi, nelle prime tre settimane di marzo rispetto al marzo dell’anno scorso. Un dato assoluto, che non certifica le cause del decesso e non ha validità statistica - non si può, insomma, proiettarlo su tutta la provincia - ma che fornisce una tendenza della mortalità in pieno coronavirus, uno spaccato ufficiale perchè è un’elaborazione dell’Istat sulla base di dati anagrafici. E per dare il giusto peso ai numeri, che si riferiscono ai residenti, bisogna considerare che gli anziani ricoverati in casa di riposo in genere prendono lì la residenza, il che spiega il picco di centri come Mariano (da 7 a 18 decessi) o Cantù (da 21 a 26).

La guerra dei numeri

La guerra al coronavirus è anche una guerra di numeri. Statistiche, rilevazioni, percentuali che si rincorrono, in un’ansia di continuo aggiornamento scandita dalle conferenze stampa e nella ricerca di modelli predittivi che ci lascino immaginare fra quanto tempo saremo fuori dal tunnel della paura e dell’isolamento.

Una rincorsa che risponde anche a un’esigenza concreta, la corretta interpretazione dei numeri ci dice qual è la penetrazione del contagio nella popolazione, e qual è il tasso di mortalità del Covid-19, quali sono i tempi di incubazione, e quale la presumibile platea di asintomatici. La basi su cui si basano questi calcoli sono però quantomai aleatorie, e l’affidabilità delle statistiche e dei pronostici è controversa: il numero dei positivi, per esempio, varia in base a quello dei tamponi effettuati, e la triste contabilità dei decessi, allo stato, non tiene conto di tanti casi in cui il coronavirus non è stata l’unica causa di morte, o quella prevalente, e dei decessi avvenuti al di fuori delle strutture ospedaliere e per i quali non è stato effettuato il tampone.

Probabilmente la contabilità definitiva di questa epidemia, con tutte le considerazioni che ne deriveranno, la conosceremo fra molto tempo. Fino ad allora, non resta che affidarsi alle fonti ufficiali, con la consapevolezza che non rispecchiano del tutto la realtà.

È quello che questo giornale fa, dall’inizio del contagio, aggiornandovi giorno per giorno sul numero dei contagi e dei decessi ascrivibili al coronavirus in base ai dati diffusi dall’Ats e divulgati dalla Regione Lombardia.

Un’ulteriore chiave interpretativa viene ora dall’Istat, che proprio per fornire una base statistica uniforme ha pubblicato una serie di dati forniti dalle anagrafi sull’indice di mortalità.

L’indagine

Un’indagine che ovviamente registra tutte le morti, senza distinguere in base alla patologia che le ha causate, e quindi non ci dice quante persone sono morte di coronavirus in quei paesi. Registra però una tendenza che, in quella finestra temporale così ristretta, coincide fortemente con gli effetti della pandemia, come confermano anche i riscontri forniti dei picchi di mortalità nelle zone come Bergamo e Brescia dove, come ci stanno raccontando le cronache, il contagio ha colpito più duramente.

L’Istat ha scelto i comuni fra quanti hanno già aderito all’Anagrafe nazionale e hanno registrato un aumento almeno del 20% fra i decessi di marzo 2020 e quelli medi dei cinque anni precedenti. Per la Provincia di Como i comuni sono Appiano Gentile, Arosio, Beregazzo con Figliaro, Binago, Cabiate, Cantù, Cermenate, Dongo, Erba, Figino, Grandate, Inverigo, Lipomo, Lomazzo, Luisago, Lurate Caccivio, Mariano Comense, Maslianico, Menaggio, Olgiate Comasco, Porlezza e Centro Valle Intelvi.

Quanto a Como, ma in questo caso il numero fornito dal Comune registra anche i deceduti al Valduce, i morti dall’1 al 30 marzo 2019 erano stati 87, quest’anno sono 165.

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