Denunciò la processione che si inchinò al boss mafioso: ora comanda a Olgiate

Novità in caserma Il maresciallo dei carabinieri Andrea Marino nel 2014 era in servizio a Oppido Mamertino, in Calabria: abbandonò il corteo che fece un inchino con la statua della Madonna davanti alla casa di uno dei capi della ’ndrangheta

Il nuovo comandante della caserma dei carabinieri di Olgiate, maresciallo Andrea Marino, è un uomo dello Stato che si è schierato apertamente contro le mafie nella sua terra.

Il suo nome conquistò la ribalta della cronaca nazionale e internazionale, otto anni fa, quando era alla guida della stazione dei carabinieri di Oppido Mamertina (Reggio Calabria). Il 2 luglio 2014 abbandonò per protesta la processione della Madonna delle Grazie a Oppido Mamertina, quando la statua mariana fu fatta inchinare al passaggio davanti all’abitazione del boss della ’ndrangheta Giuseppe Mazzagatti (anziano capo clan condannato all’ergastolo per omicidio e associazione a delinquere di stampo mafioso negli anni Novanta) che dal 2003 si trovava agli arresti domiciliari per motivi di salute.

Contro la ’ndrangheta

Il parroco di Oppido Mamertina durante la processione decise di omaggiare il boss mafioso, facendo fermare la statua, preceduta dai sacerdoti e da buona parte del consiglio comunale, davanti alla casa del boss del paese. Dopo circa un minuto di sosta, prima di ripartire, la statua fu fatta inchinare davanti all’abitazione del mafioso. Forma di riverenza verso un capo clan che un uomo dello Stato che opera in difesa della legalità ritenne inaccettabile.

Il maresciallo Marino non si limitò al gesto dimostrativo. Accortosi della situazione, si allontanò dalla processione per compiere gli atti di identificazione dei partecipanti al rito religioso, eseguendo anche una videoripresa dell’accaduto in modo da avere una documentazione precisa. Ne seguì una informativa alla Procura di Palmi e alla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Grande senso dello Stato e coraggio da parte delle forze dell’ordine, che non fu seguito dalle altre autorità istituzionali e religiose presenti.

Dopo la rilevanza internazionale suscitata dal caso, il maresciallo scrisse: «La ’ndrangheta, che a Oppido esiste, è una forma odiosa di sopraffazione fra esseri umani, è basata su regole poco democratiche, uccide ed è venditrice di morte; Oppido e gli oppidesi hanno vissuto passivamente ed ammutoliti cruente faide di cui oggi ancora in tanti portano addosso i segni. Il piagnisteo non giova a nulla, al pari del nascondimento. Servono azioni concrete. Qui il muro di silenzio è più duro del cemento armato».

Per quel rigore istituzionale, tradottosi in un gesto altamente simbolico, il maresciallo nell’ottobre 2014 fu insignito del Premio Paolo Borsellino per impegno civile. Nel riceverlo, commentò: «Penso di aver fatto solamente una cosa normale».

«Servono azioni concrete»

Con questa cifra morale, lo stimato sottufficiale dell’Arma – 41 anni, origini meridionali - in questi giorni si appresta ad assumere la guida della caserma dei carabinieri di Olgiate, in un contesto – quello Comasco – purtroppo non privo di infiltrazioni mafiose.

Ha operato in terre non semplici. Ha prestato servizio alla Stazione di Sinopoli, di Oppido Mamertina, di Scilla e anche alla sezione scorte di Reggio Calabria. Un curriculum di tutto rispetto che saprà mettere a frutto a servizio della comunità di Olgiate e dell’Olgiatese, dove subentra al luogotenente Moreno Fabris.

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