Valentina uccisa con 58 coltellate: ora il compagno ricorre in appello

Cadorago Depositato il ricorso contro la condanna a 22 anni del convivente della vittima. Il difensore chiede che le attenuati prevalgano sulle aggravanti e invoca la seminfermità

Il caso del femminicidio di Valentina Di Mauro (33 anni) non è chiuso. La difesa di Marco Campanaro, compagno della vittima che trafisse la donna con più coltellate alle quattro della mattina del 25 luglio 2022, ha infatti depositato il ricorso di fronte ai giudici di secondo grado di Milano, appello che verrà discusso nel mese di febbraio. La Corte d’Assise di Como aveva condannato l’imputato a 22 anni di reclusione.

Sono due i motivi di appello messi nero su bianco dall’avvocato Paolo Battaglia.

Nel primo il legale di Campanaro chiede la prevalenza delle attenuanti generiche rispetto alle aggravanti che invece in primo grado erano state ritenute equivalenti.

Il vizio parziale di mente

Sul piatto della bilancia, come aggravante, era stata messa quella della relazione personale, mentre come attenuanti c’erano il vizio parziale di mente dell’imputato – giudicato dal perito del giudice – e anche il corretto comportamento processuale. Secondo la difesa, insomma, la Corte d’Assise di Como avrebbe dato all’aggravante della relazione personale un peso eccessivo rispetto a quelle che erano le attenuanti. Il secondo motivo d’Appello riguarda la quantificazione della pena che non era partita dal minimo edittale, e questo nonostante fossero stati proprio i giudici di primo grado a ritenere (nelle motivazioni) i comportamento di Campanaro come una conseguenza del proprio vizio di mente.

I giudici di Como, nell’infliggere i 22 anni di reclusione per l’omicidio di Valentina, avevano specificato come la pena non potesse «assestarsi sul minimo» previsto per questo reato vista «l’estrema gravità» dell’accaduto in danno di una ragazza che aveva fatto in tempo a «rendersi conto di ciò che l’attendeva», morta per di più «dopo gratuite sofferenze».

Tuttavia, avevano proseguito i giudici della Corte d’Assise, «l’azione omicidiaria» era stata vista come «espressione tipica della malattia» di cui soffriva l’imputato, problemi psichiatrici che avevano portato il perito a dichiararne la seminfermità mentale.

La crudeltà

Un vizio che era stato ritenuto incompatibile con l’aggravante della crudeltà che era stata invocata dalle parti civili in seguito alle ben 58 coltellate inferte, di cui almeno 8 mortali.

Insomma, il caso non è chiuso e in febbraio le parti si troveranno di nuovo di fronte per il secondo grado. I giudici comaschi avevano anche puntato il dito contro il servizio sanitario nazionale che con le sue «disfunzioni» aveva «verosimilmente contribuito al verificarsi del tragico evento».

Secondo quanto ricostruito in aula, infatti, Campanaro si era accorto di non stare bene e si era rivolto al servizio sanitario nazionale non trovando però la sponda necessaria.

Tanto che, dopo aver contattato il medico di base (che aveva inviato una impegnativa per una visita psichiatrica senza però visitarlo), Valentina e Marco avevano quindi deciso di posticipare tutto a dopo le ferie, avendo in programma di partire il 30 luglio. Invece, all’alba del 25 luglio, i fendenti inferti con il coltello da cucina misero fine alla vita della ragazza.

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