
Cronaca / Olgiate e Bassa Comasca
Domenica 20 Luglio 2025
«I capelli incastrati nel nodo scorsoio»
Tutti i dubbi dell’indagine sul suicidio
Il giallo di Veniano Per la Procura Ramona Rinaldi è stata strangolata con la cintura dell’accappatoio - Solo dopo il compagno Daniele Re avrebbe inscenato l’impiccagione all’interno della doccia
Veniano
Passa anche da alcuni capelli da donna, verosimilmente riconducibili a Ramona Rinaldi, l’indagine della Procura di Como e dei carabinieri del Nucleo Investigativo per risolvere il fatto di sangue di Veniano. Capelli che sono stati trovati e recuperati all’interno del nodo fatto alla cintura dell’accappatoio che – secondo quanto era apparso in un primo momento – la donna aveva usato per impiccarsi alla doccia di casa nel pieno della notte.
Questa settimana la pm Antonia Pavan ha chiesto e ottenuto al giudice delle indagini preliminari Massimo Mercaldo una misura cautelare in carcere a carico del compagno, Daniele Re, 34 anni, sospettato di aver ucciso Ramona strangolandola per poi simularne il suicidio. Questa, almeno, è la convinzione degli inquirenti.
La dinamica da ricostruire
E parte di questa convinzione nasce da più elementi di cui si è già scritto, a cui si sarebbero aggiunti anche i capelli trovati impigliati all’interno del nodo scorsoio del laccio dell’accappatoio usato per l’impiccagione.
La domanda che si sono posti gli inquirenti è la seguente: se davvero Ramona avesse deciso di uccidersi, avrebbe fatto il nodo scorsoio con le mani, tenendo in pugno quella cintura. Quindi, in questo caso, come avrebbero potuto arrivarci – all’interno del nodo – quei capelli?
La risposta che i carabinieri dell’Investigativo si sono dati è semplice: Ramona non voleva uccidersi, e quel nodo è stato fatto mentre qualcuno (per l’accusa l’attuale arrestato) cercava di strangolare la vittima proprio con quel laccio già girato attorno al collo.
Unica dinamica che spiegherebbe, insomma, il perché dei capelli da donna impigliati all’interno del nodo. Questo elemento va ad aggiungersi ad altri già noti, che partono da quanto era stato udito dai vicini di casa – un tonfo in piena notte, intorno all’una – mentre il compagno aveva detto di non avere sentito niente in quanto dormiva.
Inoltre, nell’asciugatrice era stato trovata la maglia del pigiama di Ramona ancora bagnata ma lavata per ben tre volte proprio quella notte di febbraio.
Che senso avrebbe avuto, per la vittima, lavare la maglia proprio prima di uccidersi?
Su quella maglia, inoltre, gli inquirenti – con il Luminol – avrebbero trovato delle luminescenze, verosimilmente riconducibili a tracce biologiche. Per quello la maglia era stata messa in lavatrice? Lavatrice che, inoltre, aveva fatto registrare picchi anomali di consumi proprio quella notte, come mai avvenuto prima.
Il tonfo all’una, l’allarme alle 5
Ed infine, l’elemento che per primo aveva fatto sorgere sospetti sul suicidio: perché Daniele Re, dopo aver lanciato l’allarme alle 5 della mattina dicendo di non aver trovato la compagna al suo risveglio, non aveva cercato di entrare in bagno buttando giù la porta attendendo per 15 minuti l’arrivo dei soccorritori?
Che poi, riuscirono appunto ad entrare in bagno trovando la ragazza già morta.
L’autopsia, ultimo elemento, ha spostato la morte all’indietro, collocandola intorno all’una e trenta, proprio nei minuti in cui la lavatrice iniziò ad entrare in funzione e quando i vicini udirono quei botti provenienti dall’appartamento.
Insomma, gli elementi messi in fila uno dopo l’altro sono tanti. Ma il sospettato nega tutto come ha sempre fatto, dicendo che lui quella notte dormiva, svegliato solo dal telefono cellulare della compagna che si trovava in bagno, con la porta – va ricordato – chiusa dall’interno.
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