Il delitto del domestico a Milano
L’indagato risiedeva a Bulgarograsso

La storia Secondo i primi riscontri il giovane gambiano era stato assunto da una famiglia del paese

Bulgarograsso

Risvolti comaschi nel caso dell’omicidio di Angelito Acob Manansala, 61 anni, collaboratore domestico filippino che lavorava in una casa di Milano e che è stato trovato morto, forse strangolato, all’interno dell’appartamento la sera di Pasqua.

Dawda Bandeh, il giovane gambiano di 28 anni fermato dalla polizia mentre ancora si trovava in casa - e per questo indagato per omicidio - aveva un permesso di soggiorno, rilasciatogli in quanto titolare di un impiego lui pure come domestico in una famiglia di Bulgarograsso. Il dettaglio è emerso ieri a margine dell’inchiesta che la polizia di Milano ha avviato dopo l’arresto di Bandeh e il contestuale ritrovamento del cadavere del sessantenne.

Secondo i primi riscontri - confortati anche dalla visione delle telecamere di sorveglianza poste a difesa del complesso di via Gioia - sembrerebbe che l’altra mattina Bandeh, subito dopo essere stato rilasciato dalla questura per avere tentato di intrufolarsi in un’altra abitazione, abbia scavalcato la recinzione e sia penetrato nell’appartamento.

L’ipotesi è quella che il domestico - assente il padrone di casa - lo abbia sorpreso all’interno innescando la reazione del 28enne gambiano; il quale, anziché fuggire via, lo avrebbe aggredito causandone la morte per strangolamento. Al suo rientro, il padrone di casa lo aveva sorpreso ancora lì a rovistare e aveva chiamato la polizia, intervenuta pochi minuti dopo.

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