Ilario, questo è un uomo: sopravvissuto 4 volte agli orrori della storia

Albiolo Profugo dell’Istria, deportato dai nazifascisti perseguitato dai comunisti di Tito. Poi l’arrivo a Como. Il figlio Emil ha ricostruito un’esistenza piena di coraggio

Radovan Ilario Zuccon, l’uomo sopravvissuto quattro volte: nato nel 1917 in Boemia da una famiglia di profughi dall’Istria; condannato dal tribunale speciale fascista alla detenzione nel carcere di Regina Coeli a Roma e nel 1944 deportato politico dai nazifascisti a Buchenwald; arrestato a Pola nel 1950 dai comunisti di Tito e condannato come nemico del popolo, anche perché aveva sposato l’albiolese Rosa; nel 1957 lascia la Jugoslavia da profugo e si accampa in Italia con moglie e tre figli, Marijan, Boris ed Emil.

E, finalmente, con un lavoro da operaio, la normalità per altri 40 anni ad Albiolo, fino a quando cesserà di vivere nel 1995, nella casa natia della moglie che tanti anni prima era emigrata con il padre in Dalmazia, capomastro per un’impresa comasca.

Questa è solo l’estrema sintesi di una storia vera, ogni capitolo un dramma personale e familiare nelle grandi tragedie collettive del secolo scorso. Una storia di esilii, persecuzioni, fame, freddo, malattie, crudeltà, campi di lavoro e condizioni infami, scacchieri politici ribaltati insieme alle sorti delle popolazioni e anche la moglie Rosa, i figli hanno vissuto anni durissimi.

E dopo accurate ricerche, supportate da studiosi tedeschi e della Repubblica Ceca, Emil e la moglie Marilina hanno ripercorso le tracce dei nonni, del padre e della madre in Austria, in Croazia, in Boemia, in Germania, un itinerario sui luoghi dell’orrore, della persecuzione e di disumane sofferenze. Ma anche di coraggio e di lotta per la libertà, la giustizia e la dignità umana. Nei giorni scorsi, nell’affollato salone del municipio, figlio e nuora e poi Marijan hanno raccontato il loro viaggio, le memorie e i documenti che hanno raccolto e la vita della famiglia Zuccon.

Una narrazione intervallata da testimonianze rese da Rosa e “Rado”, videofilmati e brani di diario letti dall’attrice Susanna Miotto; canti e musiche dei fratelli Settegrani accompagnati al violino da Luca Mazzucchi, saluti del sindaco Rodolfo Civelli e di Fiorenzo Vullo, presidente dell’Anpi di Uggiate con Ronago. Programmato per la giornata della Memoria, tra altre iniziative, l’incontro aveva per titolo: “Non stancarti di raccontare”.

Non si stancano di raccontare, infatti: vanno nelle scuole, portano schede e filmati, inquadrano le vicende personali sullo sfondo della grande Storia e alla fine, spunta una domanda: ma come avrà fatto “Rado” a sopravvivere a malvagità oltre ogni immaginazione, ad esporle perfino con ironia e distacco, ma sempre con tutta la pietas per uomini, donne, bambini che ha visto patire e morire nelle atrocità?

« Una pietra d’inciampo ad Albiolo, per lui, per il suo passato»: è questa la proposta emersa dal pubblico che ha ascoltato sempre in silenzio e spesso con gli occhi lucidi i dettagli di una storia davvero incredibile. Una consegna al futuro. (Maria Castelli)

© RIPRODUZIONE RISERVATA