
Cronaca / Olgiate e Bassa Comasca
Martedì 22 Luglio 2025
Luci accese un’ora prima dell’allarme
Che cosa non torna nel racconto di Re
Veniano Una vicina ha visto l’appartamento illuminato ben prima della chiamata ai soccorsi - Gli investigatori insospettiti anche dalle versioni differenti rese dal convivente della vittima
Veniano
«Sono uscita di casa presto, quella mattina. Non dopo le quattro e mezza. E ho notato che le luci della casa di Ramona erano già accese praticamente in tutte le stanze».
La ricostruzione fatta in questi mesi da Daniele Re sulla tragica notte terminata con il ritrovamento del corpo senza vita della sua convivente, rinvenuta impiccata alla doccia del bagno, inciampa non solo sugli accertamenti tecnici dei Carabinieri, ma anche sulle testimonianze dei vicini di casa.
Inchiesta indiziaria
Due, in particolare, sono i dettagli forniti agli investigatori dai residenti nella palazzina di vicolo Pozzo a Veniano che contraddicono la ricostruzione di quella notte rilasciata dall’uomo arrestato per omicidio volontario. La prima, ormai ben nota, riguarda il fortissimo tonfo sentito da tutti gli abitanti tra l’una e l’una e mezza del mattino.
Secondo la Procura quello è l’orario in cui Ramona Rinaldi sarebbe stata uccisa, strangolata, dal suo convivente. Daniele Re ha sempre ribadito, nel corso degli interrogatori, di non aver sentito alcun rumore. Circostanza ritenuta poco credibile, vista la coralità di testimonianze da parte dei vicini sul punto. Ma c’è un altro elemento, rimasto finora inedito, che fornisce un ulteriore criticità nel mosaico messo insieme dall’unico sospettato della morte di Ramona: il fatto che già almeno mezz’ora prima dell’attivazione dei soccorsi le luci dell’appartamento erano accese. E se è lecito aspettarsi che lo fossero le luci del bagno, dove la vittima si sarebbe tolta la vita (nella versione del suo compagno), più improbabile è che fossero illuminate anche la cucina e la camera, con lui sempre impegnato a dormire profondamente.
Una cosa è chiara nell’inchiesta che ha portato in cella l’ex commesso di Veniano: si tratta di un’indagine indiziaria. Ma proprio per questo gli indizi e i particolari sono essenziali.
Di certo si sa che la telefonata al 112, quella che ha fatto scattare i soccorsi, Daniele Re l’ha fatta alle 5.16 del mattino. Ben un quarto d’ora dopo essersi accorto - stando al suo racconto - che Ramona era chiusa in bagno e che non rispondeva. Quella mattina stessa Re aveva fornito una serie di informazioni differenti a secondo di coloro con cui parlava: al medico del 118 ha detto di essersi svegliato per andare in bagno, ma di aver trovato la porta chiusa; ai carabinieri di essere stato svegliato alle 5 dalla sveglia che suonava sul cellulare di Ramona; all’infermiera dell’automedica di aver sentito la compagna alzarsi alle 5 e non vedendola tornare di essere andato a cercarla e di aver trovato la porta del bagno chiusa.
Continui aggiustamenti di un racconto che solo successivamente si è fatto uniforme.
Gli orari che non tornano
Ma ciò che non torna proprio, e su cui il legale di Re, l’avvocato milanese Davide Montani, dovrà lavorare per imbastire la difesa, è quanto refertato dal medico legale con ciò che è avvenuto quella notte nell’abitazione di Veniano. Perché secondo l’anatomo patologo la morte di Ramona Rinaldi risalirebbe a non oltre l’una e mezza del mattino, ma tra quell’ora e le 5.16 quando è stato chiamato il 112 nel bagno teatro della tragedia qualcuno ha attivato la lavatrice a più riprese. E se la donna era già morta, resta solo una persona ad averlo potuto materialmente fare.
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