Uccise la compagna con 58 coltellate: «Lei si è resa conto di cosa l’aspettava»

Cadorago La pena per Marco Campanaro non può secondo giudici «assestarsi sul minimo» per «l’estrema gravità»

La pena per l’omicidio di Valentina Di Mauro non può «assestarsi sul minimo» previsto per questo reato vista «l’estrema gravità» dell’accaduto in danno di una ragazza che ha fatto in tempo a «rendersi conto di ciò che l’attendeva», morta per di più «dopo gratuite sofferenze».

Tuttavia, secondo i giudici della Corte d’Assise del Tribunale di Como che hanno condannato Marco Campanaro (il compagno della giovane vittima) a 22 anni di reclusione, «l’azione omicidiaria appare espressione tipica della malattia» di cui soffriva l’imputato, problemi psichiatrici che avevano portato il perito a dichiararne la seminfermità mentale. Un vizio che è stato ritenuto incompatibile con l’aggravante della crudeltà che era stata invocata dalle parti civili in seguito alle 58 coltellate inferte, di cui almeno 8 mortali.

Sentenza di condanna

È questa la sintesi delle motivazioni depositate per spiegare la sentenza di condanna del trentottenne di Cadorago che uccise la compagna di 33 anni il 25 luglio 2022. I giudici, nelle pagine firmate dal magistrato Valeria Costi, hanno anche puntato il dito contro il servizio sanitario nazionale, le «cui disfunzioni, dispiace dirlo, hanno verosimilmente contribuito al verificarsi del tragico evento».

Secondo quanto ricostruito, infatti, Campanaro si era accorto di non stare bene, e «non appena aveva avvertito il segnale dell’insorgenza di problemi psicologici, si era rivolto al servizio sanitario nazionale» non trovando però la sponda necessaria. Tanto che, dopo aver contattato il medico di base (che aveva inviato una impegnativa per un consulto psichiatrico «senza però visitarlo») e in seguito il centro competente per le problematiche psichiatriche che aveva «dato il primo appuntamento disponibile dopo 120 giorni», Valentina e Marco «avevano deciso di posticipare tutto a dopo le ferie, avendo in programma di partire il 30 luglio».

La mattina del delitto

Invece, all’alba del 25 luglio, i fendenti inferti con il coltello da cucina misero fine alla vita della ragazza che era stata quella che «più aveva aiutato Campanaro a cercare un supporto psichiatrico o psicologico e che fino all’ultimo aveva dimostrato un forte sentimento di amore nei suoi confronti, come dimostrato dal manoscritto rinvenuto sul comodino della camera da letto» dove era iniziata l’aggressione mortale. La difesa dell’uomo di 38 anni di Cadorago (con l’avvocato Paolo Battaglia), sta valutando in queste ore un eventuale ricorso in secondo grado.

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