’Ndrangheta: al setaccio 700 voti di scambio. Chiuse le indagini sull’assessore Fusaro

Iniziativa Per la Dda in ballo centinaia di preferenze “calabresi” alle elezioni comunali del maggio 2019

L’accusa (pesante) è rimasta nero su bianco anche dopo la chiusura delle indagini preliminari. A sostenerla è la Direzione Distrettuale Antimafia di Milano che ha notificato l’atto a 37 indagati nel fascicolo che era nato dall’indagine dei pubblici ministeri Alessandra Dolci, Pasquale Addesso e Sara Ombra denominata “Cavalli di razza” e che aveva portato a sgominare le attività della ’ndrangheta nella Bassa Comasca e non solo. Alcuni nomi noti di questa vicenda sono già da tempo a processo, in parte a Como, in parte a Milano con un giudizio in Abbreviato che ha già visto concludersi il primo grado.

La chiusura delle indagini di cui stiamo parlando adesso ha invece riguardato le persone che erano state coinvolte marginalmente nella vicenda ma senza subire misure cautelari, oppure nomi già noti (e di cui si è scritto più volte in passato) cui erano state aggiunte ulteriori contestazioni non emerse in un primo momento. Tra i nomi che non erano comparsi nella prima ondata di “Cavalli di razza”, a spiccare c’è quello di Nicola Fusaro, 44 anni, residente a Lomazzo e assessore con le deleghe all’Ecologia e ambiente, alla Salute, al Lavoro, commercio e attività produttive e anche allo Sport.

Secondo la Dda, ed è questa la contestazione che gli viene rivolta, in ballo ci sarebbero stati – nelle elezioni comunali del 26 maggio 2019, vinte dalla parte di Fusato con il 57% – un «pacchetto di voti “calabresi” non inferiore ai 700», ottenuto (ritiene sempre l’accusa) in concorso con un altro indagato – cui è stato notificata la chiusura delle indagini preliminari – Francesco Crusco, 68 anni, nato a Grisolia (in provincia di Cosenza) e residente a Lomazzo. Nelle mani degli inquirenti sarebbe finita appunto una telefonata in cui si faceva presente come quei voti, «700 in più», altrimenti non sarebbero stati «beccati» dalla parte che vedeva Fusaro in corsa. Ipotesi di reato che sarebbe andata in scena tra il primo di maggio del 2019 e i giorni delle elezioni che portarono poi a scegliere l’attuale amministrazione cittadina, con Fusaro nominato assessore.

La difesa del quarantaquattrenne politico della Bassa, tramite l’avvocato Michela Corbetta, rimanda invece al mittente e con decisione ogni contestazione. «Prima di tutto stiamo parlando di una questione marginale nell’ambito del fascicolo – dice la legale – Settecento voti? Facciamo presente che Fusaro ne prese molti di meno alle elezioni. Tutta l’accusa si concentra su quell’unica telefonata dove si millanta questo pacchetto di voti. Non c’è altro. Sì, i due si conoscevano ma non bene e soprattutto non c’era alcun rapporto lavorativo e mai erano state fatte attività insieme». «In quella elezione non ci fu alcun voto di scambio – è la chiosa dell’avvocato – L’assessore Fusaro è estraneo a questa vicenda e siamo convinti di poterlo dimostrare nelle sedi opportune».

Le indagini sono state chiuse in questi giorni ma la scelta della difesa è stata quella di non far sentire il politico del Comune di Lomazzo dai pm titolari delle indagini. Ricordiamo invece che nell’inchiesta “Cavalli di razza” 34 imputati, i principali del fascicolo della Dda, sono stati tutti condannati in Abbreviato con una pena compressiva di 200 anni di reclusione.

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