Stupri e riti satanici? Tutto inventato. Assolta la coppia di Locate Varesino

L’udienza Un anno fa ricevettero un’ordinanza con obbligo di dimora e braccialetto elettronico, nonostante decine di assoluzioni e archiviazioni precedenti. Le accuse della presunta vittima si sono confermate inattendibili

Né stupri né, tantomeno, inimmaginabili riti satanici . Ennesima assoluzione per i coniugi di Locate Varesino per i quali la procura distrettuale di Milano chiese addirittura l’arresto, rigettato dal giudice che però li costrinse entrambi a un obbligo di dimora con tanto di braccialetto elettronico. Il giudice delle udienze preliminari li ha assolti da tutte le accuse. Accuse pesantissime che andavano dalla violenza sessuale di gruppo alla riduzione in schiavitù fino alle lesioni aggravate.

La vicenda, alimentata negli anni da trasmissioni televisive quali le Iene (non più tardi del febbraio scorso Antonino Monteleone, lo stesso autore che lotta per sbandierare l’innocenza di Rosa Bazzi e Olindo Romano, aveva dato voce su Italia Uno alla presunta vittima in un lungo servizio in cui di fatto “denunciava” i magistrati colpevoli di aver più volte archiviato la storia), si protrae ormai da anni. A riproporla periodicamente agli inquirenti una donna quarantenne, residente da tempo in Toscana, ma che una ventina di anni fa era stata ospitata a casa della coppia finita sotto inchiesta, marito e moglie genitori affidatari di decine di bambini nel corso della loro vita.

I fatti per i quali il gup ha assolto la coppia, risalgono a più di una decina di anni fa. Quando, stando alla denuncia, la casa di Locate Varesino si sarebbe trasformata nel teatro di riti satanici (con tanto di crocifissi ribaltati e simbologia inneggiante il diavolo), di stupri e violenze sessuali di gruppo. La donna ha anche raccontata di essere ripetutamente stata sequestrata, chiusa in un furgone e lì abusata e poi abbandonata in mezzo alla strada.

Ogni volta tutte le accuse e le denunce sono state quasi tutte archiviate. Fino a quando la Dda di Milano non ha deciso di occuparsi della vicenda. Per due motivi. Il primo: la quarantenne ha avuto un figlio dall’uomo che era accusato di violenza e riduzione in schiavitù. Vicenda che l’indagato avrebbe anche ammesso, parlando di una relazione durata quattro mesi con la donna - già maggiorenne - in un momento di crisi con la moglie. Il secondo: l’acquisizione di certificati medici che avrebbero attestato che la quarantenne avrebbe subito una infibulazione, di cui lei aveva accusato la coppia di Locate Varesino.

La giudice, nella sua assoluzione, ha anche motivato la sua decisione. Dapprima bollando le denunce della donna come «incongrui e inattendibili»; quindi sottolineando come «non vi è alcun documento e teste diretto» che possano confermare i racconti della presunta vittima, che peraltro sarebbero anche stati «smentiti da riscontri investigativi».

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