Gravidanza, fumo, obesità: le ragioni per cui l’addome “cede” sono diverse. Ma come comportarsi?

Approfondimento La diastasi dei muscoli retti addominali è un problema che può interessare in particolare le donne dopo il parto. Il chirurgo Campanelli: «Una diagnosi corretta consente di prevedere il buon esito dell’intervento chirurgico»

La diastasi dei muscoli retti addominali o diastasi addominale è una problematica che può interessare in particolare le donne dopo il parto, ma si tratta di una condizione che, per alcuni fattori predisponenti, può coinvolgere anche la popolazione maschile. Per un corretto approccio diagnostico e terapeutico è fondamentale rivolgersi a un centro specializzato per stabilire il percorso di cura più idoneo.

«Per diastasi si intende - spiega il professore Giampiero Campanelli, responsabile dell’Unità operativa di Chirurgia generale sezione Day & Week Surgery dell’Irccs Ospedale Galeazzi-Sant’Ambrogio e direttore dell’Hernia Center di Milano, professore Ordinario di Chirurgia dell’Università dell’Insubria – un allontanamento, una separazione, dei due ventri dei muscoli retti che si chiamano così in quanto sono dritti e hanno il compito di proteggere l’addome nella parte centrale, estendendosi dall’arcata costale fino al pube».

La classificazione

Questi ventri muscolari, di destra e di sinistra, sono fondamentali per il sostegno della parete addominale e sono uniti tra di loro da una linea mediana composta da tessuto connettivo che prende il nome di linea alba. «In condizioni normali questa linea alba – prosegue il professore – a seconda anche della costituzione dell’addome di ogni singola persona, tiene i due muscoli retti addominali a una distanza che può oscillare da 0, 3 fino a 2 cm, ma quando questa linea mediana si allarga, andando a superare questa misura, anche in maniera importante, si parla di diastasi».

In base alla dimensione la diastasi addominale viene così classificata in: diastasi di grado lieve, inferiore a 3 centimetri; diastasi di grado moderato, tra i 3 e i 5 centimetri e diastasi di grado severo, maggiore a 5 centimetri. « A questo allargamento – dice ancora lo specialista – si associa anche il fatto che i due muscoli retti, allargandosi verso l’esterno, prendono una forma curvilinea e si allungano, portando quindi a una lassità e di conseguenza a un assottigliamento della muscolatura».

La causa principale è una problematica di tipo metabolico in quanto questi pazienti hanno una formazione del connettivo più debole rispetto ad altri. L’aumento di peso, quindi, è una di quelle condizioni che possono provocare questa diastasi. Circa il 30% delle donne dopo la gravidanza possono andare incontro alla problematica in quanto, se si aumenta in modo importante a livello ponderale, si aumenta anche la pressione intra addominale. Tra gli altri fattori di rischio ci sono l’obesità, il fumo, la Bpco, la tosse forte e sforzi fisici prolungati senza un’adeguata preparazione agli esercizi stessi eseguiti in particolare per rinforzare gambe e addominali.

«Il taglio cesareo – conferma Campanelli – può essere un importante fattore di rischio in quanto viene eseguita un’incisione orizzontale della cute e dei tessuti superficiali sopra il pube, ma una volta arrivati alla fascia anteriore dei muscoli retti, questa viene incisa longitudinalmente e i muscoli vengono allargati manualmente. Questo gesto può sottoporre i muscoli a uno stress meccanico che può rappresentare un possibile fattore di rischio per la formazione di una diastasi».

Il segnale tipico che qualcosa non va si percepisce soprattutto da sdraiati. «Al mattino – dice ancora il professore – alzando la testa per alzarsi e fissando l’addome, ci si accorge che al centro dell’addome stesso c’è una gobba. Successivamente la persona si rivolge al medico per una sospetta ernia. La diastasi di per sé non è un’ernia, ma spesso si accompagna ad essa. Ecco perché è fondamentale rivolgersi a centri specializzati dove sono presenti chirurghi esperti».

Situazioni diverse

A questo segno possono associarsi alcuni sintomi come il dolore lombare, quando non è sostenuto da patologie della colonna come ernia del disco o lombosciatalgia. Questo perché a conseguenza dell’allargamento della parete addominale si assume una postura scorretta che con il tempo provoca la sintomatologia. «Talvolta vengono riferiti problemi urinari, come l’incontinenza – aggiunge Campanelli – anche se questo sintomo può essere presente per altri motivi come un rilassamento del pavimento pelvico. In molti casi, inoltre, sono presenti anche un’ernia ombelicale o epigastrica».

La diagnosi viene posta oltre che clinicamente, con un’ecografia e una Tac dinamica, quindi facendo fare dei particolari movimenti alla paziente o al paziente, che consentono di valutare la presenza di una diastasi, l’allungamento dei muscoli e il loro assottigliamento. «Una diagnosi corretta consente di poter prevedere il buon esito dell’intervento chirurgico, se calibrato sulla condizione patologica del singolo paziente».

Una volta eseguiti gli esami specifici, inoltre, possono presentarsi situazioni diverse. Una iniziale diastasi, in un soggetto muscoloso e normopeso e con un minimo allargamento della linea alba, non ha indicazione chirurgica e può essere inviato al fisioterapista per imparare ad eseguire degli esercizi di rinforzo dei muscoli obliqui. Quando la diastasi, invece, è confermata, ed è di grado elevato, gli scenari possono essere comunque differenti anche perché può associarsi un “grembiule” e cioè un cedimento della pelle dell’addome.

L’utilizzo della rete

Quando l’indicazione, che varia a seconda del grado di diastasi, è chirurgica, l’intervento consiste in tutti i casi nella liberazione delle connessioni laterali dei muscoli retti e il loro riportarli al centro in maniera fisiologica, ricostruendo la linea alba. Contemporaneamente verrà inserita nello spazio retrostante i muscoli retti, una rete (una protesi) che funge da impalcatura.

«Se la paziente ha una diastasi – aggiunge Campanelli – magari con un’ernia ombelicale o epigastrica, e non è interessata a migliorare l’addome dal punto di vista estetico, solitamente si procede con un intervento mininvasivo, denominato ”Mila”, che consente con una piccola incisione di 5-6 cm realizzata sulla linea media tra lo sterno e l’ombelico». In alternativa, ma oggi soluzione ideale, è possibile un intervento in laparoscopia robotica.

«Nel caso in cui c’è una distasi, un’ernia e un grembiule cutaneo – aggiunge – e c’è l’esigenza di una correzione anche estetica, allora il trattamento chirurgico può prevedere un intervento per via sovra-pubica al quale si associa una addominoplastica».

In termini di prevenzione, come ricorda lo specialista, è importante contrastare l’obesità o l’ingrassamento eccessivo in gravidanza, oltre a eseguire un’attività fisica corretta.

© RIPRODUZIONE RISERVATA