Ansa Press Release
Martedì 29 Luglio 2025
Comunicato Stampa: "Ventitré marinai", un’epopea iniziatica tra giganti, streghe e tempeste dell’anima
Certe opere intendono riscoprire e valorizzare il fascino arcaico del mito, che l’uomo moderno continua a cercare nonostante, o forse proprio in virtù, della propria razionalità. Il romanzo “Ventitré marinai” ( Gruppo Albatros il Filo ), esordio narrativo di Jone Raudi, si colloca in questo contesto: un'opera capace di offrire al lettore moderno un’esperienza narrativa che oscilla continuamente tra la dimensione reale e quella fantastica, che è, al contempo, viaggio onirico e cammino iniziatico , fiaba e metafora, avventura e introspezione.
La dimensione mitica , che affonda le proprie radici in un immaginario antico quanto il mondo, pervade la narrazione fin dalle prime pagine. Siamo trasportati in un tempo lontano e indefinito, dove il reale e l’irreale convivono in armonia spontanea e dove il mare, simbolo per eccellenza della vita e dell’ignoto, invade la terra come il «sangue di un gigante», travolgendo la giovane protagonista Moe e costringendola ad affrontare un viaggio tanto reale quanto metaforico. È un viaggio di scoperta , certo, ma soprattutto un cammino simbolico attraverso cui l’autrice esplora la grande domanda sul senso dell’ identità e dell’ appartenenza . Il viaggio, in tal senso, diviene una potente metafora esistenziale, capace di risvegliare nel lettore il ricordo di ogni propria personale odissea.
Jone Raudi, nata nel 2004 a Firenze, si è avvicinata alla scrittura durante il liceo classico, e attualmente prosegue gli studi interculturali presso l’Università di Firenze, specializzandosi nelle lingue e letterature inglesi e nordiche. Non è casuale che la sua formazione universitaria si concentri proprio sulle fiabe popolari norvegesi, che costituiscono la linfa vitale della sua narrativa. Queste influenze scandinave emergono chiaramente nell’atmosfera rarefatta, nei richiami espliciti alla mitologia nordica, nella costante presenza di elementi magici e sovrannaturali che accompagnano Moe nel suo viaggio.
La scelta di una struttura narrativa episodica richiama immediatamente alla mente la grande tradizione orale della fiaba e del racconto mitico. Ciascun capitolo è un tassello che contribuisce a comporre un mosaico di esperienze e incontri. Gli episodi, pur apparentemente indipendenti, si intrecciano armonicamente, creando un percorso narrativo che risulta coerente e compatto. Questo permette al lettore di immergersi pienamente in un’atmosfera quasi ipnotica, in cui il susseguirsi degli eventi si lega all’intimo filo simbolico del viaggio di Moe.
Jone Raudi adotta una prosa chiara, cristallina , che rispecchia il carattere fiabesco della narrazione. La scelta di un linguaggio diretto restituisce l’immediatezza delle storie raccontate a voce, pur riuscendo a creare immagini vivide e suggestive. È questo equilibrio tra chiarezza e suggestione a conferire al romanzo una dimensione allegorica particolarmente efficace.
Al centro del romanzo domina il tema della ricerca identitaria e dell’ appartenenza . Moe, che inizialmente si definisce soprattutto attraverso il suo rapporto con la collina su cui vive e la famiglia, perde improvvisamente ogni certezza, trovandosi a navigare in acque sconosciute. La sua avventura non è solo un percorso fisico ma una profonda esplorazione interiore, un cammino attraverso cui la protagonista impara a riconoscere sé stessa al di fuori delle definizioni imposte dal luogo d’origine . È questa ricerca costante di un’identità che si rispecchia in ciascun personaggio incontrato durante il suo viaggio: la giovane madre Egaré, esiliata dalla società per un amore proibito; l’anziano Udrost e la figlia Wobble, che si definiscono attraverso conflitti continui; la coraggiosa Stua, abituata alla solitudine e al silenzio. Ciascuno rappresenta una diversa declinazione della necessità umana di appartenere, di trovare una collocazione precisa nel mondo.
Il mare, elemento centrale e persistente, acquisisce il ruolo di luogo metafisico di trasformazione, in cui si intrecciano vita e morte. Nell’acqua si manifestano continuamente opposti: salvezza e pericolo, memoria e oblio, morte e rinascita. Il mare accoglie e insieme sfida Moe, ponendola costantemente di fronte a scelte decisive che riflettono il dramma esistenziale della condizione umana.
Attorno a Moe si dipana un universo umano ricco e complesso. Jone Raudi traccia in pochi tocchi un’intera galleria di personaggi complessi e vividi , ciascuno espressione di un particolare aspetto dell’esistenza. Ogni incontro che la protagonista fa nel corso della sua odissea marittima aggiunge un tassello al suo percorso di affermazione di sé: il pescatore, figura paterna e al tempo stesso guida sapienziale, con la sua saggezza bonaria e ironica; la giovane Mester, trasfigurata in gabbiano, simbolo del confine tra vita e morte, nonché incarnazione del desiderio umano di libertà assoluta; la bambina Ketilrid, improbabile ma coraggiosissima cacciatrice di balene, che con ingenuo eroismo sfida creature enormi a conferma della tenacia infantile che rifiuta ogni limite; e ancora la strega Lofthena, figura inquietante e al tempo stesso profondamente umana, emarginata dalla società per la sua pericolosa ambiguità, incarnazione di un’alterità che attrae e respinge in egual misura. Essi divengono specchi attraverso cui la giovane Moe, e con lei ogni lettore, si trova inevitabilmente a confrontarsi con il mistero della diversità, della solitudine esistenziale e della continua ricerca di senso.
Numerosi sono gli elementi narrativi che rimandano direttamente all’ immaginario norreno : il gigante Farer che crea maree e tempeste, e che richiama in modo quasi diretto il gigante Ymir della cosmologia nordica, da cui nasce il mondo; l’idea del mare come “sangue del gigante” che sgorga dalla terra ferita dagli uomini, rispecchia l'immagine mitica del sacrificio originario e della creazione. Anche il pescatore, traghettatore di anime smarrite, evoca con sottile ma evidente riferimento il ruolo di Caronte nella tradizione classica, pur reinterpretandolo secondo una sensibilità nordica che non è più tragica ma, in qualche modo, serena e rassegnata al destino.
Ma oltre il fascino delle influenze culturali, emerge con chiarezza la dimensione morale e pedagogica del racconto . Jone Raudi offre al lettore una favola che può essere letta da diverse prospettive e a diversi livelli: per il lettore giovane diviene una storia di crescita e coraggio, di apprendimento attraverso l’esperienza; per l’adulto rappresenta una riflessione sulla necessità di superare limiti e paure per affermare la propria vera identità. Moe impara che il coraggio non è assenza di paura, bensì la decisione consapevole di affrontarla, attraversarla e superarla.
Il viaggio della piccola Moe ci ricorda quanto potente possa essere il linguaggio della narrativa come strumento per esplorare il mondo interiore di ciascuno di noi. Attraverso la magia della narrazione, Jone Raudi costruisce un ponte tra realtà quotidiana e immaginazione mitica, trasformando l’esperienza della lettura in un’occasione di autoanalisi e scoperta personale. In fondo anche noi, come Moe, navighiamo inconsapevolmente sul nostro oceano esistenziale, cercando di attraversare le nostre tempeste interiori per scoprire, finalmente, il luogo in cui ancorare la nostra anima.
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