“My-Santhropic Vision”, il ritratto di un mondo senza memoria alla ricerca del progresso smarrito

Il mondo in cui viviamo sembra essere senza memoria e senza futuro . Se da una parte infatti la sete di conoscenza sembra fiaccata dalla necessità di far fronte alle più stringenti questioni quotidiane – dettate da un tempo frenetico e votato al profitto – dall’altra l’ assenza di spinta verso un miglioramento individuale rallenta la nostra possibilità di accedere al progresso. Per così dire, l’unico progresso al quale gli individui sembrano essere interessati è quello tecnologico, digitale , attraverso il quale far sostituire alcune delle nostre funzioni e capacità umane dalla fredda velocità delle macchine. È questo lo scenario che Stefano Zanetti descrive tra le pagine del suo libro d’esordio “My-santhropic vision” ( Gruppo Albatros il Filo , 2023): all’uomo moderno attribuisce una dannosa “immemorità”, la quale finisce per ostacolare la nostra sete di conoscenza. “L’ immemorità ” scrive nell’incipit al volume “è l’abitudine del non cercare , un po’ per mancanza di tempo (voluta da altri – LA GRANDE MACCHINA) poiché il sistema è fondato sul fiaccarti tanto nel fisico che nella mente. Ormai pensare sta diventando sempre più difficile… se non proibito da leggi non scritte, ma che si palesano chiaramente: su ciò che ti viene fatto sapere, e sul tempo lasciatoci per pensarci… su”. L’obiettivo del libro è infatti di offrire interrogativi , punti di vista e spunti di riflessione al lettore, affinché possa essere indotto a una nuova curiosità nei confronti del mondo che lo circonda. Il punto di partenza è sempre l’ esperienza personale , sia essa mondana o animica: sono appunti di vita quotidiana, di esperienze concretamente vissute, ma anche trascrizioni dei ragionamenti che accompagnano l’autore, i quali gli hanno permesso di maturare una spiccata sensibilità e una profonda sete di conoscenza .

Per Zanetti, il primo grande ostacolo con il quale l’uomo moderno deve scontrarsi è certamente il tempo . Ci troviamo imbrigliati nel costante tentativo di trarre il massimo dalle nostre giornate, con agende straripanti di voci e impegni da portare avanti come automi. Finiamo per privarci di un tempo di stasi , di quella noia dalla quale cerchiamo di fuggire, ma che tanto è necessaria per stimolare la creatività e l’inventiva . L’autore descrive la noia come “il più grande cruccio dell’umanità”, percepito come una bolla di inattività inconcepibile per un cervello destinato a un moto perpetuo. È proprio questo il punto di forza del nostro modo di agire: sfruttare la stasi in maniera costruttiva per ragionare, immaginare e infine creare , con fantasia, ciò che prima non c’era. Va da sé che ciò sia reso possibile unicamente da una rinnovata consapevolezza del tempo : se infatti la nostra attività mentale non si arresta mai, è importante saper dosare e direzionare le proprie forze non soltanto sul dovere – che rischia di spegnere ogni entusiasmo o spinta vitale – ma di mescolarlo con il piacere , il quale alimenta la creatività e stimola il pensiero laterale.

Non si può dire che lo sguardo sull’autore sia ottimista. Già dal titolo, infatti, l’autore manifesta la sua disillusione nei confronti della deriva che sta prendendo il nostro mondo, sia a livello individuale che collettivo. La denuncia alla fiacchezza che a suo avviso finisce per dominare il pensiero è aspra e senza mezzi termini, velata di desolazione, ma non di rassegnazione. Il suo lavoro desidera indurre al ragionamento, alla maturazione di un pensiero che non si fermi soltanto sull’immanente, ma che osi e punti in alto, rivolto ai massimi sistemi. Interrogarsi sul Tutto è dunque l’unico modo per comprendere, almeno in parte, quali siano i confini della nostra finitezza e cercare, se non di superarli, almeno di espanderli.

Il punto di partenza della riflessione di Zanetti è certamente ambizioso, focalizzandosi sull’ Universo . La base del ragionamento è sempre fondata sulle evidenze scientifiche più note e aggiornate, attraverso le quali gli scienziati hanno tentato di rispondere alle più stringenti domande esistenziali connaturate all’uomo. Lì dove ancora non è arrivata la scienza, possono certo arrivare la fantasia e la speculazione , ed è in questa dimensione che l’autore libera tutta la sua creatività attraverso immagini vivide, evocative , muovendosi con agilità dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo. Particolarmente interessanti sono le considerazioni dell’autore sul ruolo dell’errore , delle variazioni, nella costruzione del Cosmo e della vita per come li conosciamo oggi. È infatti attraverso l’errore che si creano nuove possibilità, nuove situazioni che, nel suo piccolo, anche l’uomo può utilizzare a proprio vantaggio per creare ciò che fino a quel momento era stato soltanto pensiero.

“Duriamo troppo per lo scopo che abbiamo” , questo il provocatorio sottotitolo all’opera. La percezione che abbiamo della vita è infatti che sia troppo breve per riuscire a soddisfare tutti i nostri desideri, le aspettative, le esperienze. Occorre in questo senso recuperare la massima senecana “Noi non disponiamo di poco tempo, ma ne perdiamo molto”. Riprendendo e rielaborando questo assunto, l’autore offre degli stimoli per ragionare sulla nostra essenza , sul ruolo dell’essere umano all’interno del sistema in cui è inserito. “Chi vive in funzione della sola e mera carne, pensa solo di farla riposare il più possibile, chi invece, crede nell’ energia senziente , sinonimo di eternità, o nel nulla più assoluto, sa per certo che dopo, in una maniera o nell’altra, ci si riposerà per forza per un qualsiasi tipo di eternità che ci aspetta: il nulla compreso; un’eternità che vale molto di più in termine di tempo dei quasi ormai canonici ottant’anni fatti di una carne poco durevole, e che vogliamo a tutti i costi far riposare molto, ma molto più del necessario, atrofizzando così pure quella crescita energetica di sapere e morale che (forse, ma sicuramente) sarà l’unico bagaglio che ci porteremo per sempre appresso”, sottolinea Zanetti nella sezione dedicata al Darwinismo.

Non poteva mancare, nella riflessione dell’autore, una sezione dedicata alle religioni e alle credenze umane . Anche in questa circostanza la sua posizione è piuttosto critica, tacciando di “creduloneria” chi si approccia ad esse senza spirito critico, chinando il capo in maniera acritica di fronte all’invisibile. Zanetti offre un excursus storico che si concentra particolarmente sul cristianesimo e sul concetto di paradiso , evidenziando in che modo sia cambiato il rapporto con la propria dimensione rituale e spirituale nei secoli. L’autore si sofferma sul modo in cui – specialmente nel passato, ma in certe aree del mondo anche nel presente – la religione sia stata strumentalizzata per raggiungere il potere e soggiogare i popoli , sfruttando il basso livello di istruzione e alfabetizzazione delle masse: se infatti la Bibbia parla di un uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio, i potenti hanno modificato questa affermazione a proprio vantaggio, arrogando unicamente a sé stessi, non a tutti gli esseri umani, l’origine divina della propria essenza. Oggi la definizione di Dio ha cambiato ulteriormente volto, incarnandosi nel denaro : Zanetti dimostra dunque come, in una società globalizzata e capitalista, la ricchezza sia diventata l’unico modo per tentare di avvicinarsi al divino, generando sempre maggiori differenze sociali , con risultati sconcertanti per la nostra umanità.

“My-Santhropic vision” è un saggio poetico acuto e sopra le righe, un’espressione pura di quella ricerca incessante che più di tutto ci rende umani. Con una scrittura accessibile e trasversale, Stefano Zanetti tenta di indurci il dubbio come più alto strumento di conoscenza, affinché il pensiero critico e la curiosità siano il nostro viatico verso la libertà .

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