A che cosa serve

Sembra strano e incomprensibile (perché in buona parte lo è) ma a qualcuno non sta bene che la gente esprima cordoglio per le vittime degli attentati terroristici. Lo so bene che i post su Facebook, le candeline, le bandiere e le veglie sono roba da pensiero debole, soffi contro la tempesta, preghiere che si oppongono ad azioni e tuttavia mi chiedo: perché qualcuno ha da ridire se la gente esprime commozione e sgomento? No, non va bene: bisogna reagire, passare ai fatti, all’azione. Svegliarsi, insomma. Nessuno però che suggerisca un piano sensato, che abbia una logica e una possibilità concreta di successo. È solo un inturgidirsi dell’orgoglio, la versione “patriottica” del leonismo da tastiera, il copia e incolla del qualunquismo. Alla fine, niente più del classico “armiamoci e partite”.

Se qualcuno vuole esprimere i suoi sentimenti deve essere libero di farlo, se i mezzi espressivi di cui dispone sono un po’ scontati va bene lo stesso: mai come in questi frangenti conta la purezza dell’intenzione, lo sforzo di rimanere esseri umani, capaci di emozioni. Si ribatte che tutto ciò non “serve”, anzi è controproducente, nocivo: mostra il “ventre molle” dell’Occidente, la sua debolezza intrinseca. Perché invece i fantaccini in orbace quelli sì che ci riscattano, gliela fanno vedere loro al feroce Saladino, nudi alla meta e “à la guerre comme à la guerre”. Questo sì che “serve”: a crepare prima, dentro, serve.

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