Alcune cose da fare quando saremo guariti

A mio modesto - che dico? modestissimo - avviso, dovremmo affrontare il coronavirus nel modo in cui sarebbe opportuno affrontare tutto ciò che non conosciamo: con umiltà e occhi aperti. Il virus ha questo di brutto (oltre a portare la polmonite, si capisce): apre il nostro orizzonte all’incertezza. Anche se abitiamo in una zona al momento risparmiata dal contagio, non possiamo fare a meno di temerlo e, nel temerlo, non possiamo sapere quanto durerà. Dunque, il nostro equilibrio è già scosso e non siamo in grado di prevedere quando sarà possibile ristabilirlo.

Non sorprenderà che la reazione più comune, in questi frangenti, è quella di parlarne molto. Comprensibile: verbalizzare una paura la fa sembrare meno minacciosa. Si può scambiarla con gli altri e, scambiandola, la si riduce giocoforza a qualcosa di maneggevole.

Purtroppo, rispetto al passato, abbiamo perso in umiltà e in capacità di riconoscere i nostri limiti. E questo cedimento degli argini dell’Io ha le sue tangibili conseguenze.

Il tono di chi dice la sua, oggi, riesce a essere, insieme, accusatorio, cattedratico e paranoico. Giornali ed esperti, naturalmente, «non ci dicono tutto» ma quando dicono ecco che «non fanno altro che allarmare la gente» e «seminare il panico».

Le autorità, in generale, sono «incompetenti e pigre» cosicché la maggior parte di noi pretenderebbe misure anti-contagio severissime. Chiusura dei confini, dei porti, quarantene a pioggia e, già che ci siamo, voto subito. Non ci coglie il minimo sospetto di contraddizione quando protestiamo con vigore se qualcuno propone di annullare la partitella del giovedì: «Ma non fare il pirla, io a casa non ci sto».

Sembrerebbe, questa, una buona occasione per misurare le parole: il problema non richiede la nostra competenza politica - che saremo sempre in tempo a distribuire alla prossima crisi di governo -, né alcuna vigorosa presa di posizione sulla questione mediorientale o, addirittura, sui delicati equilibri del centrocampo della Spal. Si tratta di una faccenda che richiederebbe prudenza, ragionevolezza e, soprattutto, un piccolo sforzo aggiuntivo per comportarci come una società degna di questo nome.

Il tweet brillante, il post polemico, l’allusione cospiratoria lasciamoli magari per dopo, per quando saremo guariti. Anche se per il coglionevirus, mi dicono, la profilassi è lunghissima.

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