Crolla il titolo di Netflix. Come in una serie di Netflix

Quattro milioni di abbonati in Italia, duecentoventi nel mondo? Robetta, tanto è vero che Wall Street “punisce” Netflix: le azioni perdono in un giorno il 20 per cento del loro valore. Come fidarsi di una compagnia che, nel 2021, ha presentato titoli quali “Squid game” e “Don’t look up”? Come sostenere un servizio che l’anno precedente, in era di lockdown, vide un vertiginoso incremento degli abbonati perché l’umanità inchiodata in casa scelse di passare il tempo - e dimenticare la paura - grazie all’offerta di una e una soltanto piattaforma di streaming?

Chiariamo: non ho azioni di Netflix né amici che ci lavorano. È solo che se ci si mette a pensare al marchio entrato negli ultimi anni più di prepotenza nelle nostre vite, è difficile impedirsi di pensare a Netflix. Wall Street però non ragiona come ragioniamo noi: negli ultimi mesi il numero degli abbonati è cresciuto in misura inferiore alle previsioni, la concorrenza si è fatta più agguerrita (Hbo Max e Disney+) e sono venute a mancare molte delle misure restrittive come quelle imposte nella prima fase della pandemia. Certo, ci sono i ricavi: ma chi ci bada più?

Nel quarto trimestre del 2021 Netfilx ha incassato 7,71 miliardi di dollari: un aumento del 16%, dovuto in particolare alla serie “Cobra Kai” e al film “Don’t look up”. Bene, ma non benissimo: non tutti i trimestri si hanno titoli con Leonardo DiCaprio e Jennifer Lawrence. E se la prossima volta i ricavi crescono soltanto del 15%?

Il sottoscritto maneggia la finanza esattamente quanto la topografia antartica: meno di niente. E tuttavia, a pelle, si sente di affermare che una logica del profitto capace di distruggere in poche ore il valore azionario di un’azienda sulla base di una speculazione circa un futuro nel quale le condizioni non sarebbero altrettanto favorevoli rispetto a quelle del passato, è una logica non perfettamente al riparo dall’autodistruzione.

Che cosa cercherà, la finanza, oltre e dopo il successo di Netflix? Qualcosa che non sa prevedere - se potesse prevederlo il guadagno che cerca non esisterebbe più - e neppure vagamente immaginare nei suoi contorni. Il cambiamento di clima nel cielo della società californiana basta però a sentenziare che il nuovo deve trovarsi più in là, più oltre. Non importa se Netflix saprà programmare altri titoli di grande richiamo, americani, coreani, inglesi o lussemburghesi che siano: il suo momento è finito. Niente più lockdown: vuoi vedere che la gente non sta più ferma sul divano? Farmaceutica e streaming hanno dominato la stagione del lockdown. Che cosa verrà dopo? Sarà il caso di investire in creme solari e unguenti per curare le vesciche ai piedi?

Ripeto: nessun interesse diretto in Netflix. Solo la curiosità, diciamo pure la perplessità, di veder tramontare così in fretta una stella imprenditoriale che era sembrata parecchio luminosa. Ma forse Netflix ha scritto da sé il suo destino, annunciato in quelle puntate che non si fermano mai, una dopo l’altra, la fine coincidente con l’inizio, per portarci sempre una nuova svolta nel plot, un nuovo colpo di scena. L’ultimo (per ora) è che qualcuno ha fatto fuori chi trasmette gli episodi.

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