E la tecnologia ci consegnò il “flauto amaro”

Dice il notiziario “Tecnologia” dell’Ansa che grazie a una startup marchigiana, Artinoise, e ai finanziamenti raccolti online, il mondo della musica si vede oggi arricchito di “Re.corder”, «il flauto dolce che si trasforma in digitale».

La parola “flauto” accostata all’aggettivo “dolce” rievoca nel sottoscritto il ricordo di lontani, lontanissimi, pomeriggi al doposcuola. In quelle poche ore settimanali, un’insegnante tanto giovane quanto volonterosa si sforzava di impartire ad alcune classi delle elementari, unite per l’occasione in una sola, feroce orda, le prime nozioni di educazione musicale. Il flauto dolce era naturalmente lo strumento designato ad accompagnare i piccoli in questi primi passi.

È possibile che la memoria mi tradisca, e che i risultati ottenuti dall’insegnante fossero passabili, ma per quanto posso ricordare ben pochi tra quei bambini dimostrarono un’inclinazione appena accettabile per la musica, il sottoscritto meno degli altri. I più si ficcavano il flauto dolce in bocca per soffiarci dentro con la potenza di chi a quel gesto affida la sua vita. Ne uscivano suoni potenti, laceranti e - letteralmente - inauditi. La povera insegnante li salutava cercando di sostituire presto con un sorriso benevolo l’espressione di dolore e raccapriccio che, per istinto, le contraeva i lineamenti.

Re.corder consegnerà tutto questo definitivamente all’oblio. Secondo l’articolo che accompagna il lancio del nuovo modello di flauto dolce, l’obiettivo è quello di «semplificare l’insegnamento dello strumento a bambini e adulti, unendo l’apprendimento classico alle potenzialità offerte dalla tecnologia». E quali sono queste potenzialità? «Re.corder - spiega l’articolo - può essere utilizzato in tre modi: come flauto dolce tradizionale a suono “aperto”, con un paio di auricolari agganciati e funzionamento tramite batteria integrata o, infine, in qualità di controller midi, agganciato a computer, smartphone o tablet, da gestire con le principali app di produzione musicale, tra cui Garageband o il software proprietario. In questo modo si può cambiare il suono del flauto in quello di altri strumenti, per creare le proprie melodie».

Non solo: è anche possibile suonare Re.corder senza soffiarci dentro, un aiuto pensato per chi si confronta con la disabilità.

Tutto molto commendevole e degno di ammirazione, anche se una domanda filosofica si pone immediatamente: ma un flauto dolce che produce il suono di «altri strumenti» senza che qualcuno ci soffi dentro può dirsi ancora a tutti gli effetti un flauto dolce?

Non vorrei poi passare per guastafeste, ma temo che tra le innumerevoli funzioni di cui è dotato, Re.corder ne vanti una che potrebbe produrre effetti preoccupanti. L’ordigno - pardon: lo strumento - è in grado infatti registrare i suoni emessi nel corso di qualunque vigoroso tentativo musicale esperito da un minore assatanato, immortalandone così lo strazio e offrendolo alla possibilità di amplificazioni smisurate. Ai miei tempi, i suoni obbrobriosi concepiti durante il doposcuola avevano almeno il merito di perdersi subito nel tempo e nello spazio. Ora, grazie a “Re. corder” resteranno tra noi per secoli e secoli. Solo per questo, l’altrimenti ammirevole strumento rischia la definizione di “flauto amaro”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA