Ecco perché una linea sbilenca non è una linea sbilenca

Dall’agenzia Ansa: «PISA, 28 SET - Ha “disegnato” storta la linea di mezzeria su una strada alla periferia di Pisa e per questo un operaio è stato licenziato da Avr, il global service comunale della manutenzione stradale. Per il sindacato Filcams Cgil si tratta di “una rappresaglia contro i lavoratori”».

Il lettore più spensierato potrebbe pensare che se c’è una città in cui una linea non perfettamente a piombo potrebbe venire apprezzata questa è proprio Pisa. Da un punto di vista turistico, una mezzeria sbilenca sembrerebbe un’attrazione meno promettente di una torre pendente, ma non si sa mai: in California si accalcano per un muro di venti metri coperto di gomme da masticare... masticate.

Attenzione, però: viviamo in una fase storica in cui anche una linea dipinta in strada, dritta o storta che sia, non è mai solo una linea dipinta in strada: è un caso, una polemica, una controversia e, in ultima analisi, un’occasione di scontro e divisione.

Abbiamo già scoperto, leggendo l’Ansa, che l’autore della linea sbilenca è stato licenziato e che il sindacato sostiene trattarsi di «una rappresaglia». Al proposito, l’Ansa continua: «La linea tracciata non correttamente ha scatenato reazioni ironiche da parte degli utenti e quindi, secondo Avr, lo sbaglio ha causato “un danno di immagine all’azienda”; per questo motivo il lavoratore è stato licenziato, nonostante egli stesso meno di 24 ore dopo avesse provveduto a tracciare, questa volta in modo corretto, la linea di mezzeria». La ragione per cui il provvedimento non è stato revocato, dice la Cgil, si troverebbe nel desiderio di «rappresaglia di Avr nei confronti dei lavoratori che hanno aderito a una mobilitazione per rivendicare il miglioramento delle condizioni lavorative e salariali». Insomma, se scioperi o altrimenti protesti per ottenere un miglior trattamento, alla prima linea “sbagliata” ti licenziamo.

Ed ecco che la sfortunata linea pisana è diventata un dramma in tre atti, un’interpellanza parlamentare, una causa in tribunale, una serie originale Netflix, un tweet di Salvini, un contro-tweet di Letta, un assist per i complottisti e uno per i sovranisti che, nello svirgolo stradale, e soprattutto nell’allontanamento dell’operatore, vedono ancora una volta la protervia dell’Europa, l’ombra lunga dell’imperialismo americano e la prepotenza occulta dei poteri forti.

Forse, ma solo forse, ho un pochino esagerato. Eppure la linea pendente - pardon: storta - di Pisa ancora mi sembra la sintesi ideale di una società di relazioni in cui il segno, o l’evidenza, deve per forza rimandare a qualcos’altro: non a un simbolo o a un mistero, non a qualcosa di più grande e fondamentale ma, al contrario, all’ennesima circoscritta eccitazione, all’affanno sociale che con lo scontro non si vuole risolvere, semmai sfruttare.

Perfino Freud ammetteva che «a volte un sigaro è soltanto un sigaro»: noi invece non possiamo più vedere una linea storta come tale, ovvero come un’imperfezione indesiderabile ma, in quanto appunto difetto ed errore, essenzialmente umana e dunque in se stessa giustificata e giustificabile. Altrimenti, dovremmo rinunciare a rinfacciarci l’un con l’altro la colpa per una mancata perfezione universale che, a guardar bene, è solo e soltanto una nostra patetica invenzione.

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