Eravamo in vacanza in Sardegna (senza saperlo)

Ci sono notizie che appena poco più di un anno fa avremmo letto con satolla indifferenza, forse anche con un poco di noia. Per esempio questa: «Si riaccendono i riflettori su “La Grande Prosa”. Il Cedac riapre i teatri in Sardegna e accoglie il pubblico per una stagione primaverile».

Una volta chiarito che per Cedac si intende “Centro diffusione attività culturali” ben poco rimane da commentare. Incomincia una nuova stagione teatrale: bene, giusto così, avanti con gli spettacoli, a proposito che cosa danno questa sera?

Ma la notizia è di pochi giorni fa e tanto basta per sgranare gli occhi. Chi accoglie il pubblico? E come fa? Ma siamo matti? Qualcuno ha chiesto il permesso all’indice Rt?

La normalità, che per merito e buona fortuna in Sardegna possono permettersi, suona quasi scandalosa: leggerla mette addosso una smania che si abbatte nella malinconia quando realizziamo quanto siamo lontani dalla Sardegna, sia in termini geografici sia in fatto di contagi.

A noi non resta che ricordare, con un stretta al cuore, ma anche con un certo compiacimento, i tempi in cui uscivamo di casa per andare al cinema o a teatro, a sentire un concerto o una conferenza. Accompagnavamo l’occasione con un aperitivo o una cena, e magari perfino con un dopo-cena. Facevamo poi i sostenuti se lo spettacolo non era proprio di nostro gusto oppure, stanchi per una giornata di lavoro, finivamo per sonnecchiare nel buio della platea; eravamo capaci di innervosirci se il concerto iniziava in ritardo - e tutti i concerti iniziavano in ritardo - e se al cinema si sedeva davanti a noi il “lungo” di una squadra professionistica di pallacanestro. Tutto questo senza più renderci conto della straordinaria adunanza di civiltà necessaria affinché noi potessimo godere (o mancare di godere) di una “serata fuori”. Oggi che abbiamo fatto gli abbonamenti alle piattaforme streaming, seguiamo le presentazioni dei libri su Facebook, ascoltiamo la musica su Spotify e riscaldiamo la pizza congelata (va bene: molti di voi cucineranno di meglio), ecco che la stupefacente portata di questa attività sociale si mostra in tutta la sua magnificenza.

Godevamo dei privilegi dei Lord e non lo sapevamo, avevamo accesso alle più superbe creazioni dell’ingegno umano e lo davamo per scontato. Soprattutto, ci era concesso il contatto con l’umanità nel suo momento migliore, ovvero quando si presenta aperta ad accogliere emozioni e stimoli intellettuali. Noi, ingrati, litigavamo per il parcheggio, sospettavamo il cameriere di averci addebitato una birra in più e tornavamo a casa borbottando: «In questa città non succede mai niente». E invece, senza saperlo, eravamo in vacanza in Sardegna.

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