Fantasmi e no

Un po’ ignari e un po’ distratti, qualche volta parecchio ignoranti, finiamo per avere, nei confronti della scienza, un atteggiamento di sospetto. Questo nonostante sia evidente come la scienza stessa intervenga, migliorandola, in qualunque attività umana. Non c’è nulla di più ridicolo di una bella invettiva sui danni del progresso battuta al computer e diffusa in Rete, eppure è quasi sempre così che gli esponenti del conservatorismo più radicale amano comunicare, neppure sfiorati dal sospetto di una contraddizione.

Discussa e osteggiata in campi diversi - dai vaccini all’evoluzione, passando per i cambiamenti climatici - la scienza risponde al fuoco, a volte in modo clamoroso. Non può passare inosservata, infatti, la dichiarazione di Brian Cox, professore di Fisica all’Università di Manchester, secondo il quale i «fantasmi non esistono»: a dimostrarlo in modo inoppugnabile sarebbe nientemeno che il Large hadron collider di Ginevra.

Ora, molti di noi potrebbero dirsi convinti che i fantasmi non esistono anche senza bisogno di conferme scientifiche e, d’altra parte, coloro che ci credono (secondo una ricerca, in America coprirebbero il 40% della popolazione) difficilmente cambieranno idea anche in presenza di una relazione tecnica. L’uscita di Cox è però interessante perché arditamente sconfina in un territorio che avremmo detto non suo. Ma lo scienziato è convinto: se i fantasmi esistessero avrebbero una certa frequenza o una certa particella, corrispondente al corpo al quale erano un tempo uniti. E se tali frequenze e tali particelle esistessero saremmo ormai in grado di “vederle”, così come, grazie al collider, abbiamo “visto” il timidissimo bosone di Higgs. A noi però resta il dubbio che i fantasmi, per definizione, debbano essere del tutto incorporei, altrimenti non avrebbe senso immaginarli. Si potrebbe dire addirittura, con buona pace di Cox, che i fantasmi hanno senso solo quando non ne hanno.

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