Il cappello di carta

Avevo giusto trovato online, ieri, un bell’articolo che poteva far da spunto alla “buonanotte” di oggi quando, fatalità, l’occhio m’è caduto su un piccolo riquadro in calce al testo. Di colpo, lo spunto offerto dall’articolo è impallidito in confronto alla provocazione contenuta nel riquadro. Di conseguenza, la rubrica di oggi è frutto di un imprevisto slittamento, ma confido non sia un problema.

Per prima cosa, sarà utile tradurre il testo del riquadro:

«Già che sei qui, avremmo un favore da chiedere. Sempre più persone leggono il Guardian ma sempre meno pagano per farlo. E gli incassi della pubblicità sono in netto calo. Dunque, puoi capire perché ti chiediamo di darci una mano. Il giornalismo indipendente e investigativo del Guardian richiede tempo, denaro e tanto duro lavoro. Ma lo facciamo perché siamo convinti che il nostro punto di vista abbia importanza e perché potrebbe essere anche il tuo. Se tutti coloro che leggono i nostri reportage, e li apprezzano, aiutassero a pagarli, il nostro futuro sarebbe molto più sicuro».

Terminato di leggere, mi sono ritrovato alle prese con sentimenti contrastanti. Il primo non potrei descriverlo se non parlando di demoralizzazione: che una testata prestigiosa come il Guardian si presenti con il cappello in mano davanti ai lettori mi sembra poco dignitoso. Eppure, come biasimarla quando online viene giorno per giorno tradito l’onorevole contratto che si stringeva all’edicola: il prodotto del lavoro di una redazione in cambio di qualche moneta.

Il secondo sentimento è invece di dubbio: con quel «nostro futuro» reso più «sicuro» da un contributo, si intende il futuro del Guardian, del giornalismo o, in senso allargato, quello di tutti noi che abbiamo interesse a vivere in una società informata in cui i media esercitino, nei dovuti limiti, una funzione di vigilanza, specie sull’autorità?

Il vostro dubbio sarà un altro: alla fine, caro Schiani, hai versato il tuo contributo o no? La risposta purtroppo è no, non l’ho fatto. Però mi sono sentito un ladro e il fatto di essere certamente stato in compagnia di tantissimi altri ladri non mi consola. Spero però sia così che ci si forma, piano piano, una concreta coscienza di cittadini 2.0.

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