Il problema di Vasco

Ci ho pensato su per qualche giorno ma ora devo ammetterlo: ho il problema di Vasco Rossi. Che consiste nel non sentire alcuna appartenenza al gran popolo dei fan che lo ha applaudito al concertone di Modena, sia presenziando all’evento, sia guardandolo in tv e commentandolo sui sociali. L’evento ha generato una tale ondata di unanime apprezzamento che l’esclusione diventa, per me, fonte di inquietudine esistenziale. Ho qualcosa che non va? Non capisco? Sono forse uno snob?

Quanto al non capire, ne dubito. Riconosco facilmente nella sue canzoni ciò che le eleva sul generico pop-rock nazionale: vanno dritte, e con essenzialità, a temi assoluti. Esprimendoli, tra l’altro, come fossero scritti su carta di quaderno: il che è un merito. Mi sembra di poterle ricondurre a una ricerca di luce (purezza) tra le tante, troppe opacità della vita.

Vorrà dire che sono uno snob. Ma allora come mai i miei riferimenti culturali vanno da Topo Gigio ai Beatles, da Chandler ai Giganti?

La spiegazione sta dunque nel fatto che ho qualcosa che non va. Anzi, che non ho qualcosa che va: manco di una sorta di reagente che mi permetta di entrare in sintonia con Vasco Rossi. Rimango indifferente: sentimento (se è un sentimento) oggi disprezzato ma in realtà rispettabile. Indifferente ed escluso. Ora che ci penso, l’esclusione è uno stato molto “rossiano”: dunque un’affinità con Vasco e i vaschisti alla fine ce l’ho. Per coltivarla mi basta solo starci lontano.

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