L’intolleranza ha un nemico implacabile: Internet

C ’è chi dall’attuale assetto istituzionale trae motivi di speranza e chi di sconforto. I secondi da qualche tempo danno l’impressione di aver perso ogni speranza. In effetti, posizioni e parole contrarie all’attuale linea - non tanto amministrativa quanto ideologica - impostata dalle forze al governo, fatta di un “buonsensismo” in qualche caso del tutto privo di sfumature, si infrangono contro un fuoco di sbarramento di repliche sdegnate, spesso rabbiose, qualche volta sarcastiche (ma mai ironiche) e alimentate - sempre - da un’indignazione che sobbolle come un consommé pronto per essere servito.

È comprensibile che chi vorrebbe aggiungere al calderone una parola contraria - ragionevole o piccata poco importa - si senta perduto e sopraffatto. Non deve però dimenticare che, alla lunga, può contare su un alleato implacabile: Internet.

Pare strana, questa osservazione, se si considera che proprio attraverso la Rete si sono diffuse molte delle convinzioni, alcune giuste, altre sbagliate, che hanno portato i cosiddetti populisti al governo. Eppure, Internet ha una caratteristica che molti sottovalutano: nel Web nulla si perde e nulla viene mai davvero cancellato.

Prendiamo a titolo di esempio il caso di quel signore romano il quale, in un recente servizio giornalistico della Rai, ha commentato il caso della bambina Rom ferita da una pistolettata dicendo che, in fondo, si trattava “solo di un piombino”, per aggiungere a titolo di chiarimento: “Io avrei usato un proiettile”.

Ora, non importa quanto questo signore si sforzasse di trasmettere alla telecamera il disagio della sua borgata nel trovarsi costretta alla convivenza con un campo di nomadi e non importa neppure che la sua indignazione fosse condivisa dal locale “senso comune” (questo è in realtà ciò che erroneamente si definisce “buon senso” e di buono, in sé e per sé, non ha proprio nulla): ciò che resta è una faccia dalla cui bocca esce un orgoglioso attestato di approvazione per un gesto comunque criminale e in qualunque circostanza disumano. Questo, e questo soltanto, è ciò che resterà, per sempre, dell’individuo di cui sopra. Non importa se è altrimenti stato un decente cittadino, o un buon padre di famiglia, o se ha avuto amici con i quali ha saputo dimostrarsi generoso e solidale. Non importa neppure se diventerà un bravo nonno o se, per ogni giorno del resto della sua vita, aiuterà gattini a scendere dagli alberi. La Rete, ormai, lo ha incapsulato in un ruolo specifico e a tenuta stagna: egli pertanto non invecchierà, non morirà, e non si stancherà mai di ripetere, al comando di un clic, domani o tra cent’anni, che per sparare ai bambini Rom è meglio usare proiettili veri.

In un’epoca in cui la celebrità non si giudica più per come la si è raggiunta, questo potrebbe anche essere un risultato notevole. Io credo però che alla fine condannarsi a questa forma di ridicola immortalità, questo seppellirci nel nostro stesso macchiettismo, sia ben poco auspicabile. Ritengo sorte infinitamente più nobile approdare a un dignitoso anonimato che mostrare a chiunque, per l’eternità, i propri cinque minuti di idiozia multimediale. Forse varrebbe la pena di ricordarsene ogni volta che affidiamo alla Rete un’esternazione intollerante, anche se, al momento, ci pare urgente e insopprimbile. Potrebbe alla lunga imprimerci sulla pelle un indelebile quanto meritato marchio d’infamia.

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