Litigare per nulla: l’“effetto Yoko Ono”

Nella grande Rete ci sono ambiti - relativamente - angusti in cui i conflitti hanno un’intensità tale da ridurre le discussioni su vaccini e immigrazione a eleganti, e un po’ noiosi, minuetti.

Se pensate che possa alzare la temperatura l’ingresso di un comunista in un gruppo di Casa Pound o la passeggiata di un leghista in un network di black bloc, siete fuori strada e, soprattutto, per voi le parole “odio” e “delirio” esprimono ancora un gradiente tutto sommato ragionevole di violenza e intolleranza.

C’è di peggio, di molto peggio. Non c’è scontro sociale, guerra civile, associazione Amici di Arancia Meccanica e correnti di estrema destra dei nazisti dell’Illinois che possa esprimere una potenza di fuoco, un rabbia incontrollata e un livello di sarcasmo paragonabile a quello raggiunto da un gruppo social di fan dei Beatles quando, nelle sue pagine, compare una fotografia di Yoko Ono.

Ancora oggi, a (quasi) cinquant’anni dallo scioglimento del gruppo e a (quasi) quaranta dalla morte di John Lennon non c’è pace, comprensione e - figuriamoci - apprezzamento per la donna comunque “colpevole” di aver diviso i Beatles, anche se numerosi riferimenti storici confermano che i quattro, per separarsi, non ebbero bisogno di aiuto alcuno.

Rimane intatta, in tanti fan, l’idea, infuriante e appagante insieme, che “qualcuno” sia responsabile per ciò che è accaduto e pertanto che con “qualcuno” sia possibile prendersela. Poco importa che lo scioglimento abbia risparmiato ai Beatles una inevitabile sorte da patetiche controfigure di se stessi e che, anzi, proprio la brevità della loro parabola abbia contribuito a creare e a conservare un’esperienza artistica praticamente perfetta.

Niente da fare: Yoko Ono è quella che ha distrutto i Beatles, l’estranea - leggi: straniera - che si è arrogata il diritto di “rovinare” ogni cosa, ovvero una situazione, un equilibrio all’apparenza ideale sul quale ognuno aveva proiettato se stesso nell’illusione, puerile, che tutto potesse rimanere per sempre inalterato.

Tale astio è talmente gratuito - perché immotivato, specioso e sostanzialmente privo di senso - da alimentare un sospetto: alla base dei conflitti quotidiani che dividono gli abitanti di Webopoli non ci sono ragioni ma solo pretesti, non idee ma istinti, non slanci ma frustrazioni.

Chissà, magari qualcuno potrà riprendere il concetto e scriverci sopra un bel tomo, parlando di “effetto Yoko Ono” per definire quella gran voglia di menare le mani, o di far correre le parole forti, basandosi su motivazioni evanescenti: un tratto, questo, che si potrebbe collocare alla radice della natura umana, un elemento tipico e fondamentale del (fallito) esperimento genetico chiamato homo sapiens.

Oppure qualcun altro potrebbe accertare che no: fu proprio colpa di Yoko Ono se i Beatles si sciolsero e, anzi, la signora ha il potere straordinario di disgregare qualsiasi cosa, specie se di ambito musicale.

In questo caso, fateci almeno il piacere di indirizzarla verso Gigi D’Alessio.

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