L’opinione pubblica e il “copia-incolla” degli insetti

il testo, piuttosto lungo, incomincia così: «Cara Silvia Romano, tu non sei affatto un’eroina e hai un fortissimo debito di riconoscenza verso la Repubblica Italiana, i suoi cittadini e in particolare verso l’Aise,il nostro validissimo Servizio di Intelligence Esterna.Non ho sentito nè te nè i tuoi genitori fare la primissima cosa che avreste dovuto fare in questa circostanza...».

Seguono varie considerazioni critiche sulla vicenda della ragazza italiana rapita (e liberata) in Africa. Personalmente, non condivido affatto il pistolotto, non l’inizio e neppure ciò che segue, ma, lo riconosco, non contiene nulla né (che per inciso si scrive con l’accento acuto) di violento né di diffamatorio. Quindi, un’opinione come un’altra, del tutto degna di rispetto. Infastidisce, semmai, ritrovarci quel tono sussiegoso così diffuso di questi tempi, la tendenza paternalistica a dire agli altri quel che devono e non devono fare. In ogni caso, niente di inaccettabile.

A sorprendermi è stato piuttosto vedere lo stesso testo ripetuto identico alla virgola su decine di bacheche Facebook. Devo immaginare che la sua circolazione globale sia molto più ampia di quella che ho potuto constatare io: migliaia di “clonazioni”, suppongo, forse centinaia di migliaia. Un pensiero letteralmente copiato e incollato tutto d’un pezzo, adottato da un foltissimo squadrone di persone come proprio, senza che nessuno abbia sentito il bisogno di cambiare una frase, aggiustare un passaggio, precisare un concetto.

Ho detto di esserne rimasto sorpreso ma devo ammettere che, in fondo, non è vero. Si dice che in Internet si trovi di tutto. È vero, ma bisognerebbe precisare: si trovano soprattutto tante copie della stessa cosa.

Ciò, dal punto di vista dell’utente frettoloso, presenta un vantaggio: non c’è bisogno di pensare nulla di originale. Basta riprendere il pensiero di qualcun altro e sottoscriverlo. Il fatto che un’opinione venga ripetuta mille e mille volte in forma identica finisce oltretutto per conferirle una finta autorevolezza.

Il pensiero, quello vero, individuale, frutto di un processo quando non di uno sforzo delle facoltà mentali, rimane così nella nebbia della sensazione, nella penombra dell’intuizione, si ferma al primo stadio dello sviluppo. Di fatto, non nasce: quel che vediamo, e che sembra prendere posto nel mondo, è solo un riflesso. Se si allunga la mano, svanisce. Soddisfa il bisogno di esserci in un momento di collettiva analisi del presente, ma non è un vero esserci, è al massimo una presenza per procura.

Apprezzo di più, allora, chi lascia la bacheca vuota o la riempie di frivolezze: gattini, ricette, scarpe nuove, canzoni di Billy Joel. Almeno, non esclude possibilità che, un giorno, abbia da presentarci un pensiero originale. Sarebbe addirittura da preferire chi si lancia in un’invettiva disarticolata, sennonché anche le invettive oggi sono soltanto piccole frecce incandescenti, tutte uguali, ripetute come nei cori notturni delle cicale. Perché questo è ormai l’opinione pubblica: un assordante rumore di insetti. Con tutto il rispetto per gli insetti.

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