Meglio Einstein

Avevo accennato, qualche settimana fa, al simpatico concorso indetto dalla rivista “Science” che ogni dicembre premia, soprattutto con la gloria, la più importante scoperta degli ultimi 12 mesi.

Nel 2015 l’onore era toccato a un metodo di manipolazione genetica chiamato “Clustered regularly interspaced short palindromic repeats”, per gli amici Crispr. Quest’anno i responsabili editoriali si sono invece tenuti lontano dalla genetica, perché attratti dalla clamorosa riscossa di uno dei campi di ricerca più affascinanti: l’astrofisica.

La scoperta dell’anno, infatti, è quella delle onde gravitazionali. Va subito detto che tali onde non sono state propriamente “scoperte” quanto confermate dalle rilevazioni, perché a “scoprirle”, nel senso di indovinare la loro esistenza, era stato Albert Einstein circa cento anni fa. Il fatto che “Science” abbia premiato le onde gravitazionali è comunque cosa utilissima perché, nel farlo, ci offre finalmente l’occasione di scoprire che cosa diavolo sono.

Quando, nel febbraio scorso, fu annunciato che gli operatori del Ligo (“Laser interferometer gravitational-wave observatory”) erano finalmente in grado di confermare tramite osservazione diretta l’esistenza delle onde, i media, non soltanto quelli italiani, si lanciarono in titoli e articolesse di straordinaria emotività ma del tutto incomprensibili. Afferrammo soltanto che Einstein aveva ragione. Oggi, “Science” ci offre una descrizione “semplice” della previsione del grande scienziato: egli disse che quando una formazione di masse disposte a bilanciere ruota su se stessa irraggia nello spaziotempo delle ondulazioni che si propagano alla velocità della luce.

Ancora non è chiaro? Lo so: ma è un passo avanti. Utile a capire, se non altro, che a offrire facili spiegazioni e ancor più facili soluzioni è rimasta ormai solo certa politica. Meglio fidarsi di Einstein anche se, parlando come parlava, oggi non farebbe neanche il sottosegretario.

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