Nuova psicologia

In un articolo per bigthink.com, tale Derek Beres sostiene che “disamicarsi” dagli amici di Facebook perché non la pensano come noi è «immaturo e controproducente». Devo ammettere che prima ancora di affondare nella lettura dell’articolo, la premessa mi ha fatto riflettere. Diciamola tutta: mi ha risvegliato un senso di colpa.

Anche a me è capitato, perfino recentemente, di “eliminare” amicizie su Facebook per la ragione che in alcuni “post” ho trovato commenti inaccettabili su questioni, come si dice, non contrattabili. Rimango saldo sulle mie opinioni di merito, ma Beres esige che io dissezioni mentalmente il gesto di distacco, ovvero di protesta per ciò che considero l’errore altrui: non voglio più vedere/sentire ciò che pensi e per farlo mi basta premere un bottone sul computer.

Bisogna dire che Facebook, ampliando in modo virtuale il raggio delle nostre conoscenze, ha di conseguenza dischiuso territori psicologici inesplorati. Che cosa prova chi mette un “like”? Che cosa prova chi lo riceve? A che livelli arriva la gratificazione di averne tanti? E la delusione di riceverne pochi? Immagino che bisognerà aggiornare i trattati per includere i meccanismi nevrotici innescati dall’invisibile rete stesa su di noi dai social network. Tra questi meccanismi, quello della “disamicizia”, ovvero del voltare le spalle con un clic all’“amico” con il quale si è in estremo disaccordo.

«Immaturo e controproducente»? Di sicuro eliminare alcune amicizie mi ha dato l’impressione di aver fatto pulizia intorno a me, cancellando la negatività di certe opinioni. Illusione, si capisce: tutto ciò è sparito solo alla mia vista, non all’esistenza nel mondo. L’unica cosa perduta è la chance, sia pur minima, di un confronto.

E non è l’unica illusione: scartare qualcuno senza muoversi dalla sedia ci gratifica all’istante di un senso di rettitudine, per ottenere il quale, nella vita, dovremmo far ricorso a ben più coraggio.

Non so se Beres mi ha convinto a resistere a ogni costo all’istinto di “disamicare” chi non va d’accordo con me. Diciamo che ci proverò: magari ricordando a me stesso che chiamare indistintamente “amici” tutti i contatti che si raccolgono online è il primo errore da evitare per non intrappolarci in questa nuova psicologia, intessuta d’ipocrisia ancor più di quella originale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA