Quel che sappiamo della scienza ci sta nel taschino

Di che cosa parliamo quando parliamo di tecnologia? Semplice: di telefonini. E di nient’altro. Scorrevo ieri la sezione dedicata alla tecnologia nel sito dell’Ansa, e dunque della maggior agenzia giornalistica italiana: “Facebook e Instagram ricorderanno di indossare la mascherina”, “Apple Card ha un portale web per pagare le bollette”, “Honor lancia lo smartphone X10 Max”, “Record di rifiuti elettronici nel 2019”, “Produzione iPhone 12 in ritardo di 1-2 mesi”, “Banca centrale Brasile sospende i pagamenti via WhatsApp”, “La mascherina che dialoga con lo smartphone”.

Dunque, se non ai telefonini propriamente, la sezione è (quasi) interamente dedicata alle comunicazioni, e nello specifico alle comunicazioni mobili. Di ciò che sta accadendo nel mondo della tecnica e della tecnologia non ci interessa altro. Di fatto, non “vediamo” altro. La tecnica, e di conseguenza la scienza - perché non troppi, tra noi, si rivolgono poi ai siti specializzati - vengono così identificate con le ultime novità circa gli smartphone e le applicazioni a essi collegate.

Scienza e tecnica sono chiamati in servizio effettivo soltanto quando c’è un’emergenza. Quanto tempo ci vorrà per avere un vaccino contro il Covid-19? E per quanto ancora dovremo aspettare la cura per il cancro?

La quotidianità è invece interamente occupata dai telefonini i quali, va detto, estendono importanti ramificazioni commerciali, politiche, economiche e sociali. Tutti aspetti che tuttavia, nell’opinione corrente, sembrano essere al servizio degli smartphone e non viceversa. C’è poco da stupirsi se la nostra idea della scienza e della tecnica, messa a prova durante l’epidemia, si sia rivelata bizzarra quando non del tutto sbagliata. È vero, gli scienziati - in particolare i virologi - ci hanno confuso le idee con le loro opinioni contrastanti e le loro gelosie da primedonne, ma la colpa è anche nostra perché, privi di precisi riferimenti culturali, non abbiamo avuto modo di separare il grano dal loglio. Ci è mancata perfino cognizione del fatto che le conoscenze scientifiche sono aperte alla smentita e all’aggiornamento.

John Stuart Mill (gran nome per un filosofo ma, volendo, anche per un centrocampista dell’Arsenal) scriveva nel 1859 che «se si vietasse di dubitare della filosofia di Newton, gli uomini non potrebbero sentirsi certi della sua verità come lo sono». Dubbi, opinioni e nuove ricerche sono le basi del progresso scientifico. Soltanto, i dubbi devono essere sinceri, le opinioni motivate e le ricerche rigorose. Concetti non troppo difficili ma impossibili da trovare negli smartphone. Neppure nell’iPhone 12 che - ce la faremo a resistere? - si farà aspettare due mesi in più.

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