Quel poco di Leonardo che rimane tra noi

Da anni ormai il Museo Ideale Leonardo da Vinci e l’Associazione Leonardo da Vinci Heritage stanno conducendo una ricerca davvero particolare: quella che dovrebbe consentire di ricostruire il patrimonio genetico dello stesso Leonardo.

Mettere in bottiglia il Dna di Leonardo sarebbe un risultato eccezionale, anche se non si deve pensare a scenari pseudo-storici o pseudo-scientifici sul modello del pessimo “Codice Da Vinci” di Dan Brown. Lo sforzo dell’Associazione, del Museo e della task force scientifica internazionale denominata “The Leonardo da Vinci Dna Project” ha invece valore documentale, storico e scientifico. Il risultato finale non è precisamente alle viste, ma le tappe intermedie possono già dirsi di straordinario interesse.

I ricercatori hanno ricostruito l’albero genealogico di Leonardo dal 1331 a oggi: 21 generazioni che portano dritti a 14 discendenti in linea diretta maschile (la più interessante sotto il profilo dell’identificazione genetica) oggi viventi. In passato erano stati riconosciuti altri 35 discendenti, frutto di parentele parallele e in linea femminile (tra cui il regista Franco Zeffirelli), ma, come spiegano i ricercatori, «non potevano darci informazioni utili sul Dna di Leonardo e in particolare sul cromosoma Y, che viene trasmesso ai discendenti maschi e rimane quasi invariato per 25 generazioni».

I “nuovi” discendenti promettono invece molto dal punto di vista della ricerca, che potrebbe aver compiuto un decisivo passo avanti.

I discendenti di Leonardo da Vinci, rivelano i responsabili dell’indagine, «hanno un’età compresa tra 1 e 85 anni, vivono non proprio a Vinci ma in comuni limitrofi fino alla Versilia e fanno mestieri comuni come l’impiegato, il geometra, l’artigiano».

Certo dev’essere stata una soddisfazione per queste persone scoprirsi sangue del sangue di tanto genio, ma anche, in fondo, una responsabilità inaspettata. A qualcuno sarà venuto in mente che mentre Leonardo, alla sua età, dipingeva la Gioconda, lui, per disegnare un tavolo, ancora butta giù un quadrato con quattro righe che dipartono dagli angoli in ogni direzione. Un altro soffrirà al paragone con il celebre avo, capace di immaginare l’elicottero quando lui fatica a prenotare un volo con Ryanair.

In ogni caso è bene sapere che in Italia circola ancora materiale genetico di qualità “genio” perché, all’apparenza, ne abbiamo parecchio bisogno. I depositari, si intende, non sono tenuti a farne uso personale: basta che lo portino in giro, e magari lo consegnino alle prossime generazioni di “Leonardini” così che i geni dell’intelligenza, dell’iniziativa, della creatività e della buona pratica manuale non abbandonino una volta per tutte il territorio nazionale.

Già è difficile immaginare che, tra 21 generazioni, qualcuno decida di mettersi in cerca del Dna, per dire, di Pillon, Di Maio o De Luca: meglio mettere in bottiglia quello “vintage” del 1331 e sperare che invecchi bene. Intanto, se incrociamo al bar un discendente di Leonardo, ci stanno bene un incoraggiamento e un invito a cena. Non l’ultima, per carità.

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