Se ci serve una guida per tornare dal virtuale al reale

Se chi legge queste righe non è un “millenial” (ovvero appartenente alla generazione dei nati tra il 1981 e il 2000, ma alcune definizioni sono più restrittive) probabilmente potrà condividere il mio stupore alla notizia che segue: l’uscita - annunciata per il prossimo 17 settembre - di un libro intitolato “The Offline Dating Method” rivolto, secondo l’autrice Camille Virginia, a quelle donne single che intendono «attirare un uomo nel mondo reale», da distinguere, quest’ultimo, dal «mondo virtuale» che in tanti ormai frequentiamo ogni giorno grazie alla tecnologia.

Lo stupore del sottoscritto non risiede nella sorpresa per l’originalità del libro, quanto per la sua assoluta banalità, ovvero per la pretesa di ignorare che tutta la storia della letteratura, da Omero a Wallace, da “Beowulf” a J. K. Rowling, non tratta altro che di sentimenti, conflitti, fughe e ritrovamenti appartenenti al «mondo reale».

Nel suo “Romeo e Giulietta” Shakespeare parla di giovani che si innamorano nel «mondo reale» e nello stesso luogo convengono Elizabeth Bennet e Mr. Darcy in “Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austen. In nessun altro mondo se non in quello «reale» si incontrano Tristano e Isotta, Paolo e Francesca, Abelardo ed Eloisa e, in tempi più moderni, Clarissa Dalloway e Sally Seton. Chiunque voglia saperne di più circa sentimenti, passioni, attrazioni e repulsioni che, da millenni, agitano il corpo e lo spirito degli umani non deve far altro che volgersi a questo immenso patrimonio.

Che oggi ci voglia un “Metodo” - vale a dire un “manuale” - per istruirsi sulle faccende del cuore e del sesso, saltando a pie’ pari gli sforzi di gente come - e qui cito alla rinfusa - Stendhal, Flaubert, Tolstoj, Emily e Charlotte Brontë, D.H. Lawrence, Proust, D’Annunzio, Fitzgerald e Plath, mi sembra, con tutto il rispetto per Camille Virginia, davvero singolare.

A stupire, semmai, è che si senta il bisogno di costruire un percorso dal virtuale al reale e non più viceversa: questo può voler dire soltanto che ci si è inoltrati a tal punto nel primo da aver del tutto smarrito la strada del ritorno al secondo. Se questo è vero, altro che Shakespeare: per recuperare contatto con la “realtà” serve indubbiamente qualcosa di più pratico; una mappa, come quella offerta da Camille Virginia nel suo “Metodo”, o forse, più propriamente, uno psicologo.

Oppure - altra ipotesi - non è poi così vero che il mondo «reale» e quello «virtuale» siano separati: appaiono entità diverse a chi come quelli della mia generazione - pre-millenial per un bel pezzo - non ha strumenti per includere le interazioni sociali via computer o smartphone tra quelle in cui sa muoversi. Operazioni come quella di Camille Virginia tendono forse a sottolineare troppo lo smarrimento dei più giovani, per molti dei quali, probabilmente, le dimensioni del reale e del virtuale convivono al punto che non c’è ragione di separarle, di distinguerle. Per questa ragione il suo “Metodo” mi sembra per il momento superfluo. Tenendo conto che, alla bisogna, “Romeo e Giulietta” o il “Simposio”, si trovano facilmente anche in edizione digitale.

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