Tutto è diventato ridicolo ma non c’è niente da ridere

Non sembri irrispettoso nei confronti di quanti soffrono per i tanti disastri di questa epoca davvero difficile, ma occorre accogliere l’osservazione che, come spesso è accaduto nel corso della storia umana, il ridicolo sta prevalendo sul tragico.

Prendiamo ad esempio l’assalto degli ultras trumpettari al Congresso degli Stati Uniti: a rivedere le immagini, il ridicolo già affiora, se solo si considera la bizzarra composizione della folla, in cui spiccava uno “sciamano” cornuto, e l’altrettanto bizzarra varietà di teorie complottiste e fantascientifiche rappresentate in quella stessa moltitudine, eppure, nello stilare il bilancio, bisogna senz’altro tornare seri e considerare il lato tragico della faccenda: cinque morti, la più importante democrazia del mondo in stallo per ore davanti a tutto il mondo, le conseguenze politiche e sociali, anche a lungo termine, che il tramonto per ora solo formale del trumpismo già sta annunciando.

Ma basta aspettare qualche momento ed ecco che il ridicolo, fantozziana nuvoletta sovrastante l’umanità tutta, fa capolino ancora una volta, e nella maniera più imprevedibile. Poche ore dopo i disordini di Washington, mentre i nemici di Trump dibattevano il modo più efficace per arrostirlo fino a ridurlo in cenere e gli alleati si esibivano in numeri da Cirque Du Soleil per giustificarne l’operato, ecco che il presidente-molto-uscente ci regalava una chicca, conferendo la “Medal of Freedom”, uno dei riconoscimenti più alti assegnati negli Stati Uniti, a una pattuglia composta da due golfisti vivi e uno deceduto.

Si sa: un presidente ha anche di questi impegni, mica può stare tutto il giorno a risolvere crisi diplomatiche, elaborare strategie elettorali e twittare ogni pensiero che gli passa per la testa (“Mi hanno rubato le elezioni”, “Che cosa ho mangiato oggi?”, “Ma quella è Marge dei Simpsons?”): ci sono anche appuntamenti formali di tipo diverso, alcuni molto seri, altri più leggeri, alcuni gravi e altri decisamente più mondani.

A noi tuttavia sarà permesso di sorridere immaginando i due golfisti - scarpe tassellate, bermuda alla zuava, calze a quadrettoni e polo color pastello - presentarsi timidamente alla porta dello Studio Ovale: «Venite avanti, ragazzi» li accoglie il presidente, «Non fate complimenti. Tanto non ho niente da fare». E abbassa il volume di Fox News, dove anche l’ultimo degli opinionisti conservatori sta alzando bandiera bianca.

Forse noi tutti siamo influenzati da un’idea di autorità e di responsabilità che ci viene dai libri di storia, un’idea per cui trattati e dichiarazioni di guerra vengono firmati da gentiluomini in redingote e in uniforme, e in cui i condottieri stanno a cavallo e impugnano la spada. Una proiezione che, anche qui, a malapena riesce a trattenere il ridicolo sotto la pompa e che anzi la pompa stessa qualche volta contribuisce a tradire: oggi però, tra sciamani cornuti e golfisti in rapida alternanza, dobbiamo infine riconoscere che il ridicolo ha vinto, dilaga, e va prendendo possesso di ogni cosa. Attenzione però: ammettere che tutto è ridicolo non significa riconoscere che c’è qualcosa da ridere.

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