Visita virtuale a un museo infinito

Viviamo la riconquista del nostro mondo, sancita dalla Fase 2, con uno spirito, credo, ambivalente. Da una parte siamo più che desiderosi, quasi avidi, di ritrovare persone, luoghi e abitudini. Dall’altra ci aggiriamo per strade e stanze un po’ circospetti e infastiditi: ci tocca la mascheratura, per prima cosa, e poi il rispetto della “distanza sociale”. L’abolizione di segni di amicizia e affetto come l’abbraccio o la semplice stretta di mano costano al nostro equilibrio più di quanto sembri a prima vista. C’è perfino il sospetto che questo camminar sulle uova del contagio possa durare molto a lungo, forse per sempre. Senza dubbio l’umanità saprà adattarsi una volta di più, ma la fatica necessaria per arrivare all’obiettivo ora ci spaventa.

E se ci fosse un’altra soluzione? Una strada che ci riconduca al mondo senza imporci tante limitazioni, che ci ingentilisca, anzi, ci restituisca un habitat migliore. Un mondo 2.0, per così dire: un luogo di vita riveduto e corretto.

Non è questa un’ambizione ambientalista, con tutto il rispetto e l’adesione alle ambizioni ambientaliste, è semmai un salto Fosbury dello spirito, un volo che al colmo guarda al cielo e ricade quindi sulla schiena sperando di trovare il morbido.

Il morbido per fortuna c’è e anche se è una proiezione della fantasia ha in sé qualcosa di molto reale e di concreto, come reale e concreto è senz’altro un museo.

È notizia di questi giorni che il Museo degli Studios Ghibli, in Giappone, chiuso come tanti musei per l’emergenza Covid-19, ha deciso di offrire al pubblico, tramite YouTube, un assaggio virtuale dei suoi “tesori”. Può apparire poca cosa quando, a portata di clic, ci sono le versioni online di musei della portata del Louvre, degli Uffizi, dell’Ermitage e di tanti altri. Verissimo, ma il “mondo” creato dagli Studios Ghibli, per i quali il grande Hayao Miyazaki ha realizzato capolavori come “Il mio vicino Totoro” e “Spirited Away” (premio Oscar per il miglior film d’animazione nel 2003), è il “mondo” di cui abbiamo bisogno adesso. Un luogo colorato e rassicurante, un po’ infantile e un po’ magico: un mondo di “cartoni”, certo, ma non edulcorato, votato al marketing e pianificato come quello Disney o Pixar. Il mondo della Ghibli era, ed è, un mondo curiosamente aperto alla poesia, perfino alla bizzarria quando non all’assurdo vero e proprio. Lì dentro i buoni sentimenti si fanno strada attraverso l’accettazione di una purezza che sprona la fantasia, la dispone alla scoperta e la lascia correre il più lontano possibile, ricordando all’uomo che le possibilità d’astrazione lirica del suo cervello sono molto più ampie di quelle, terribilmente compresse, nelle quali le necessità di adesione alle esigenze quotidiane inevitabilmente lo confinano.

Il nostro mondo non potrà mai essere quello di Ghibli, intendiamoci: non è possibile e non sarebbe giusto. Eppure una visitina virtuale a quel Museo tanto particolare io la farei: servirà a comprendere come il mondo di cui andiamo oggi in cerca, e che ritroviamo distorto e limitato, sia soltanto un pallido riflesso di quello che da sempre vive dentro di noi.

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