Il deportato e Borsellino

Il primo omaggio a Borsellino che io ricordi è stato compiuto da mani ferite. Mani segnate dalla sofferenza oltre ogni limite, che pure non si sono fermate, non si sono arrese alla crudeltà dell'uomo: le mani di un deportato.

Ancora oggi, quando mi fermo per un omaggio silenzioso al giudice e alla sua scorta, ma anche al suo amico Falcone e a chi è stato fermato solo in apparenza dalla mafia, la prima immagine non è quella degli effetti disastrosi dell'esplosione.

Piuttosto, è di una chiesetta - il tempio civico di Busto Arsizio - dove un anziano dal cuore così giovane di nome Angioletto Castiglioni si tende verso l'altare, allestisce il suo omaggio con fiori, immagini e oggeti simbolici.

Sono trascorsi tanti anni e Angioletto - sempre in apparenza - se n'è andato. Ma il suo gesto miracolosamente si rinnova, grazie agli amici che ne hanno raccolto il testimone. E questo filo di coraggio e attenzione, di impegno perché la cultura e la legalità si alleino contro le atrocità umane, ogni anno si fa più nitido e contagioso.

© RIPRODUZIONE RISERVATA