Elisabetta, l'architetto
che innalza pareti di panna

C'è un po' di favola nella storia di Elisabetta Corneo, milanese trapiantata a Como, in stage alla pasticceria Fuin di Albate, architetto che ha preferito la pasta frolla al calcestruzzo.

COMO - Il pasticciere, lo dice il nome stesso, fa i pasticci: dolci magari squisiti, spesso dalle forme prettamente non euclidee, magari belli a vedersi, ma con una costruzione che neppure un Gaudi in piena forma avrebbe potuto progettare, anche perché le variabili, soprattutto in sede di cottura, sono innumerevoli. L'architetto, invece, è abituato a calcolare, a disegnare, a fare incontrare le linee in punti precisi, precisissimi: imponenti edifici, palazzi in materiale antisismico, abitazioni ultramoderne, mica la casetta di marzapane della strega delle fiabe. Ma c'è un po' di favola nella storia di Elisabetta Corneo, milanese trapiantata a Como, in stage alla pasticceria Fuin di Albate, architetto che ha preferito la pasta frolla al calcestruzzo. «A essere sinceri la passione per i dolci è nata ben prima della scelta di laurearmi in Architettura: sarà che in famiglia siamo sempre stati dei gran golosoni». Ancora giovanissima le casette di pan di zenzero preparate per Natale con la mamma: «Utilizzando, però, la pasta frolla. Ricordo ancora la fatica di far stare in piedi quel primo semplice tentativo, con il cioccolato che colava da tutte le parti». Tutti gli aspiranti architetti realizzano dei plastici durante gli studi, ma, anche in questo caso, Elisabetta si distingueva: «Durante l'università, grazie agli studi che mi ispiravano e al tempo libero tra un esame e l'altro, cominciai a creare dei veri e propri modellini in pasta frolla, scoprendo tutta la versatilità di questo materiale. Progettai e realizzai ville in stile palladiano, basiliche a croce latina o greca, casette di Hansel e Gretel, paeselli con chiesetta, ponticello e fiume di cioccolato... oppure riproducevo chiese realmente esistenti che mi incantavano magari per l'armonia dei volumi e delle proporzioni». Da qui una richiesta insolita, una commissione da far tremare i mestoli: «Una signora mi chiese di riprodurle il Duomo di Milano per decorare una vetrina. Io la presi come una sfida: ci misi una settimana a progettare il mio modellino, a decidere quanto stilizzarlo in funzione anche delle dimensioni ridotte e a costruirmi dei piccoli stampi per i pezzi che si ripetevano. La realizzazione mi portò via 17 ore di cui ben 4 per montarlo. Tuttora resta una delle cose che ho creato di cui vado più fiera».

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