«Como è bellissima
Ma i comaschi
si diano una mossa»

Il critico d’arte Philippe Daverio ha avuto parole splendide per la nostra città in un intervento sul Corriere della Sera.

Como

Como fa girare la testa, tanto è bella artisticamente. Parola di Philippe Daverio, lo storico dell’arte che, dopo essere stato in visita al Teatro Sociale per il bicentenario, sul Corrier e della Sera è riuscito a riassumere in poche eruditissime (e, nel suo stile, piacevolissime) righe forse la più bella fotografia che la storia dell’arte comasca si sia mai meritata.

“Nel cuore di Como la storia dell’arte che fa girare la testa”. E’ il titolo dell’articolo sul Corriere della Sera - pagine milanesi, la rubrica “La buona strada” - che lo storico dell’arte Philippe Daverio ha dedicato a Como. Anche perché è appena stato qui.

Il centro di Como, scrive Daverio, è la «più concentrata deambulazione che vi sia mai capitata, una volta che vi siete fermati di fronte alla facciata con le sei colonne neoclassiche e timpano del Teatro Sociale. Non muovetevi e guardate a destra: vedrete il Duomo iniziato negli stessi anni di quello milanese, di gusto quindi gotico, e concluso sul finire del Settecento su progetto di Filippo Juvarra, il più geniale degli architetti di allora, che ne inventò la cupola».

«Poi girate la testa a 45° - continua Daverio - e passate dall’ultimo rococò al neoclassicismo perfetto del teatro che Giuseppe Cusi portò a compimento due secoli fa, nel 1813, quando la città si organizza “socialmente” negli anni dell’epopea napoleonica. Girate ancora la testa a 45° e scoprite il prototipo del razionalismo del XX secolo, la Casa del Fascio progettata da Terragni. Dall’ultimo barocco al pensiero decantato della modernità»

Daverio, i comaschi dovrebbero essere orgogliosi. Ma allora perché, nonostante la sua “grande bellezza”, Como resta immobile, come addormentata?

Como è lì, stupenda con il suo Duomo, il Teatro, Sant’Abbondio, il razionalismo e, aggiungerei, un museo civico Giovio di una vitalità straordinaria. E con il lago che offre un itinerario unico, si pensi all’area che va da Villa d’Este alla Pliniana. Ma la verità è che i comaschi devono capire che il momento è cruciale. Se non si svegliano, rischiano di perdere l’ultimo treno, quello dell’Expo.

In effetti, se non ora quando?

Già, se non ora quando. Como deve fare un lavoro serio sulla propria identità. Ora o mai più. Perché l’Expo è dietro l’angolo. E sarà l’unica grande occasione che Como, a due passi da Milano, avrà per fare conoscere i propri pregi al mondo. Nel 2015 arriveranno frotte di stranieri e Como dovrà sapere dimostrare a un cinese con la macchina a tracolla e a un russo ubriaco quanto vale. Vogliamo mandarli a Sesto San Giovanni, a Rho, a Rozzano, i turisti stranieri? Gli amministratori comaschi dovrebbero avere il coraggio di dire: ora valorizziamo e facciamo conoscere il nostro patrimonio, che è unico al mondo.

Lei di Como è proprio innamorato.

Sì, sono innamorato. Abitate nella città più bella del Nord Italia da un punto di vista artistico e paesaggistico. Ma mi fate arrabbiare: non sapete riconoscere il tesoro che avete in cassaforte. Prendiamo la basilica di Sant’Abbondio. Io la adoro, ci ho scritto libri, l’ho portata in tv a “Passepartout”. E’ un luogo fondamentale, il più importante d’Europa. Voi avete uno dei primi edifici della cultura romanica al mondo: perché non fare una mostra, una manifestazione che permetta di capire cos’è la storia della basilica di Sant’Abbondio?

Peccato che sul sagrato di Sant’Abbondio ci parcheggino le auto.

Ma lasciate perdere questo, è una polemica inutile. Le auto passano, ma è il degrado urbano intorno a Sant’Abbondio che resta. Mi riferisco alle aree industriali.

Se è per questo anche parte del lungolago è un cantiere.

Lo so, non è un bel biglietto da visita. Meglio comunque del muro che ha fatto ridere il mondo. Il lago di Como oscurato da un muro, non si poteva credere.

Non si può dire che Como si sappia valorizzare.

Per questo dico che la cultura e l’arte devono anche riuscire a formare l’identità di una città. E’ questo che manca a Como: un’identità. E sarà bene pensarci, dico io, perché quando arriverà l’Expo non saranno gli altri a farlo. Dovete muovervi per tempo.

Torniamo alle bellezze. Sul Corriere traccia un itinerario straordinario, in pochi metri c’è tutto.

Una sorta di “triangolo” nel centro di Como che è qualcosa di stupendo. Mi metto di fronte alla facciata del Sociale con le sue colonne neoclassiche e invito i lettori a girare due volte la testa di 45 gradi: da una parte c’è il Duomo, iniziato negli anni di quello di Milano, di gusto quindi gotico, dall’altra c’è il razionalismo con la Casa del Fascio progettata da Terragni. Davanti, appunto, il Teatro. E’ la più concentrata deambulazione che vi sia mai capitata, scrivo. Peccato che manchi un piano di razionamento dell’area.

I comaschi che devono fare, oltre a sentirsi fortunati?

Devono darsi una mossa. E decidere, una volta per tutte, cosa vogliono fare da grandi.

Silvia Golfari

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