Crollo del ponte di Annone
La vedova: «Passati tre anni,
aspetto ancora giustizia»

La vedova della vittima dell’incidente del 28 ottobre del 2016 alla cerimonia di commemorazione

Una ciotola di ciclamini – bianchi e rossi, attorniati dal verde delle foglie – è stata deposta ieri sul ponte a scavalco della statale 36 ad Annone, nel terzo anniversario del crollo del quale è rimasto vittima Claudio Bertini, 68 anni, di Civate (e altri automobilisti furono feriti). Il vaso è stato posizionato in una rientranza di quella che avrebbe dovuto essere la pista ciclopedonale progettata lungo il nuovo cavalcavia, inaugurato lo scorso primo luglio, ma senza ultimarla. Così, nel giorno della commemorazione, proprio sotto gli occhi dei famigliari del morto, è andato in scena il rimpallo delle responsabilità.

Alla cerimonia era presente anche Augusta Brusadelli, la vedova di Claudio Bertini: «Mio marito, me lo hanno ammazzato: questa non è stata una disgrazia» ha detto. Proprio nei giorni scorsi sono stati disposti i primi cinque rinvii a giudizio che però, non bastano alla donna: «Non sono affatto più serena perché si è conclusa questa prima fase: lo sarò quando troveranno il colpevole che me lo ha ucciso. Se ciascuno avesse fatto il proprio dovere, mio marito non sarebbe morto».

La sequenza dell’incidente è scolpita nella memoria collettiva: alle 13.30 del 28 ottobre di tre anni fa, il cantoniere di Anas ricevette la segnalazione di calcinacci che cadevano dalla campata; delimitò una corsia della statale 36. «A due funzionari della Provincia – raccontò, a tragedia compiuta – ho detto di chiudere la strada soprastante, di competenza di quell’ente, perché non mi sembrava stabile».

Alle 17.20, lungo la provinciale sopra il ponte transitò un autotreno ed il viadotto cedette mentre, sulla Ss 36, passava l’Audi bianca condotta da Bertini, direttore del centro sportivo “Pro Patria” di Milano e amministratore delegato della società. Un’auto precipitò dall’alto, nella scia dell’autotreno, atterrando sulle macerie sul lato verso Milano; un’altra restò in bilico sull’abisso; da una terza, che proveniva da Lecco e si trova dall’altra parte del viadotto rispetto all’Audi, il conducente uscì miracolosamente; il cantoniere si lanciò verso la vettura caduta dietro l’autotreno, a poche decine di metri da lui e aiutò gli occupanti a lasciare l’abitacolo.

Per Claudio Bertini, invece, risultò subito vano ogni tentativo di soccorso. Sulla conclusione dell’inchiesta per accertare le responsabilità, la vedova dichiara: «L’attesa della giustizia è ciò che mi fa andare avanti; non si può morire tornando dal lavoro. Si è chiusa una fase, ma adesso si spera di arrivare in un paio di mesi ad avviare il processo e che non si concluda con un’assoluzione. È palese che, se i soggetti per i quali è stato richiesto il rinvio a giudizio avessero svolto il proprio lavoro come si deve, il ponte non sarebbe crollato».

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