Giovani lavoratori, per loro la pensione è un sogno proibito? Secondo il simulatore dell’Inps la riceveranno a 70 anni

Lavoro Basandosi su una manciata di dati anagrafici e relativi alla vita professionale dell’utente, “Pensami” simula l’età di accesso alla pensione. Preoccupanti i risultati per chi ha tra 25 e 30 anni e ha da poco iniziato a lavorare

Si chiama "Pensami” ed è il simulatore aggiornato con cui l’Inps permette di calcolare la propria età pensionabile e gli anni di lavoro che restano. Un calcolo sconsigliato però alle nuove generazioni, da poco affacciate sul mondo del lavoro, per le quali il simulatore riserva solo brutte sorprese.

Per un trentenne o un venticinquenne parlare di pensione è sicuramente fuori luogo, ma se qualcuno per caso si fosse azzardato a proiettarsi in avanti i numeri non lo avranno certo rincuorato. Prendiamo come esempio un giovane di 25 anni che lavori da 12 mesi: la pensione anticipata sarà prevista intorno ai 70 anni e quella di vecchiaia a 70 anni e sei mesi, con almeno 46 anni e 4 mesi di contributi nel caso della pensione anticipata e almeno 20 anni di contributi nel caso di quella di vecchiaia.

Situazione per niente migliore quella che invece tocca ai trentenni: un lavoratore nato nel 1990 raggiungerà la pensione di vecchiaia a 70 anni con 20 anni di contributi e quella anticipata con 45 anni di contributi versati, a prescindere dall’età.

Chiunque può accedere alla piattaforma messa a disposizione dall’Inps e ottenere un calcolo relativo alla propria età di pensionamento semplicemente inserendo i propri dati anagrafici e contributivi, oltre a selezionare eventuali istituti aggiuntivi che potrebbero anticipare l’accesso alla pensione. Tra questi ad esempio il riscatto dei titoli universitari (il riscatto può riguardare l’intero percorso di laurea o singoli periodi), periodi di lavoro all’estero e maternità fuori dal rapporto di lavoro. Mancano però nel simulatore le ultime novità legislative, previste dalla legge di Bilancio per il 2023, che verranno integrate a breve con un aggiornamento.

Quello che emerge provando a simulare vari scenari pensionistici per coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996 (cosiddetti lavoratori “quota zero”) e il cui contributo pensionistico sarà calcolato interamente secondo il sistema contributivo attuale, senza alcun tipo di integrazione. L’aumento dell’aspettativa di vita - la crescita di questa curva è stata solo brevemente arrestata dagli anni di pandemia - porterà questi lavoratori a versare contributi, anche se discontinui e bassi, almeno fino ai 67 anni e con ogni probabilità oltre questa soglia.

Il problema per il momento non è sulle agende dei politici perché troppo lontano nel tempo, ma il rischio è che in futuro una parte sempre più numerosa della popolazione si trovi a vivere una vecchiaia sulla soglia della povertà.

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